
(foto Ansa)
negli atenei
Tutti i flop dei pro Pal di “Cambiare rotta” alle elezioni universitarie
L'ultimo caso è Torino, dove hanno raccolto meno del 3 per cento dei consensi. Prima c'erano stati i casi della Statale di Milano e della Sapienza. Ma il collettivo esulta lo stesso
Ovunque si presentino fanno cilecca. Strepitano per mesi, sono gli artefici delle occupazioni, dei campus in cui è costretta a entrare la Digos, ma quando si presentano alle elezioni studentesche raccolgono poche manciate di voti. E’ la parabola di “Cambiare rotta”, la lista che da un paio d’anni fa sempre più spesso parlare di sé negli atenei italiani. L’ultimo flop l’hanno raccolto alle elezioni studentesche che si sono tenute dal 24 al 26 marzo all’Università degli studi di Torino. Ovvero nell’ateneo più ostaggio delle occupazioni e delle richieste di boicottaggio nei confronti delle università israeliane, con tanto di rimostranze in Senato accademico. Solo una decina di giorni fa un esponente di Cambiare rotta era intervenuto durante la lectio magistralis di Enrico Letta all’inaugurazione dell’anno accademico, accusando l’ex premier perché ci starebbe “portando alla guerra”. Risultato? Su una platea di oltre 85mila studenti, Cambiare rotta ha raccolto 436 voti. Ovvero circa il 3 per cento di chi materialmente si è recato alle urne. Con questi numeri nessuno dei loro rappresentanti è stato eletto né al Senato accademico né tanto meno in Consiglio di amministrazione. Ma non è bastato al collettivo per non festeggiare, visto che hanno subito rivendicato di aver “triplicato i voti” rispetta alla scorsa elezione.
Qualcosa di analogo si era già visto altrove. A maggio del 2024 fecero specie i risultati delle elezioni studentesche alla Statale di Milano. Quel voto lo stravinse la lista moderata vicina a Comunione e Liberazione “Obiettivo studenti”. E Cambiare rotta? Dopo settimane di proteste e tensioni, raccolse 180 voti alle elezioni per il Cda. E 162 preferenze per il Senato accademico. Meno del 2 per cento dei voti totali. Un trend confermato alle elezioni di novembre scorso alla Sapienza di Roma. Sugli oltre 116 mila studenti aventi diritto di voto (ma poco più di 31 mila furono quelli votanti), il collettivo raccolse circa un migliaio di voti di lista per il Senato accademico e altrettanti per il Cda. Numeri troppo bassi per garantire l’elezione anche di un singolo delegato. Ma anche alle elezioni studentesche per eleggere due nuovi rappresentanti della Consulta studentesca all’Accademia delle Belle arti di Genova il collettivo ha perso. Mentre in regioni rosse come la Toscana Cambiare rotta rinuncia persino a presentarsi alle elezioni, scontanto il ritardo con collettivi dello stesso segno ma molto meglio organizzati a livello di consenso studentesco (come la lista Cravos a Siena e Arezzo). Ora l’obiettivo sono le elezioni per il Consiglio nazionale degli studenti universitari, a maggio. Anche lì il rischio flop è alto.

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