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Intervista al presidente che non lo era ancora

Sarko: "Il matrimonio? E’ riservato a un uomo e a una donna"

Parigi. Il Foglio - In Italia lei è considerato un uomo della destra dura, dalle posizioni sempre fisse sull’idea di sicurezza pubblica e dalle tendenze fortemente liberali e populiste, senza dimenticare la sua posizione definita “atlantista”, pro israeliana e pro americana, che tanto inquieta la sinistra italiana ed europea. Ritiene che questo ritratto sia quello giusto? Sarkozy - Bene, vediamo, direi che non avete dimenticato nulla. Questa è la lista completa dei tratti più caricaturali solitamente utilizzati da tutti quelli che in generale non hanno esattamente le migliori intenzioni nei miei confronti. Con un pedigree del genere, viene da chiedersi come possa essere candidato alle elezioni in Francia. Questa percezione di me, evidentemente, non è né giusta né veritiera. Ho voluto essere il candidato di una destra repubblicana finalmente libera dal complesso di non essere la sinistra, di una destra sicura dei propri valori: il lavoro, l’autorità, il primato della vittima sui delinquenti, gli sforzi, il merito, il rifiuto dell’assistenzialismo, dell’ugualitarismo e del livellamento verso il basso. Questo fa di me un uomo della destra dura? Per anni, nell’esercizio delle funzioni ministeriali, mi sono speso per combattere e ridurre la mancanza di sicurezza che era letteralmente esplosa sotto il governo di sinistra di Lionel Jospin. Ho ottenuto risultati significativi e credo che domani dovranno essere rafforzati migliorando il funzionamento generale di tutto il sistema penale, in particolare per poter meglio lottare contro la recidività e la sensazione d’impunità dei minorenni pluri-reiteranti. I miei principali concorrenti sembrano avere idee meno chiare in merito e paiono inclini a tornare al lassismo. Questo fa di me un fissato della sicurezza? Per quel che concerne l’economia, sono innanzi tutto un adepto del pragmatismo. Credo nelle libertà economiche. Credo nell’economia di mercato. Ma so anche che il mercato non dice tutto e non può tutto. Credo al volontarismo politico in campo industriale e tecnologico, e non mi spiace aver fatto la scelta d’intervenire per salvare Alstom, un’impresa che è tornata a prosperare. Questo fa di me un liberale? Sono visceralmente attaccato all’indipendenza della Francia e dell’Europa di fronte a qualsiasi potenza. E deploro il fatto che l’Unione europea non dia prova d’unità, di realismo e di autonomia nelle relazioni economiche e commerciali con le altre regioni del mondo, come anche in politica estera e di difesa. Non vedo incompatibilità tra questo e il fatto di considerare gli Stati Uniti una grande democrazia con la quale abbiamo molti valori in comune e indefettibili legami storici. Così come non vedo incompatibilità tra il riconoscimento del diritto dei palestinesi a uno stato sostenibile e il fatto di considerare la sicurezza d’Israele non negoziabile. Questo fa di me un atlantista, un pro israeliano e un pro americano? E’ una lettura che quantomeno manca della più elementare sottigliezza. La verità è che chi afferma queste cose è anti israeliano e antiamericano. Pensino a sé, invece di denigrare gli altri.

Redazione