"Ci rivediamo lassù", come due reduci hanno truffato la Francia del primo dopoguerra

La recensione del romanzo di Pierre Lemaitre, nell'unica rubrica che vi dice come parlare di libri (senza perdere tempo a leggerli)

Andrea Ballarini

Tra i danni peggiori che causa la guerra c’è l’alluvione di retorica che si porta dietro. Questa sembra essere la tesi che si dimostra nelle 453 pagine di “Ci rivediamo lassù” di Pierre Lemaitre. Una tesi che ha valso a questo romanzo il prestigiosissimo premio Goncourt nel 2013.

   

La storia è quella di due soldati francesi sopravvissuti alla Grande Guerra. Sono gli ultimi giorni del conflitto e un fante, Albert Maillard assiste all’uccisione di un commilitone da parte del suo superiore, il tenente Aulnay-Pradelle che gli ha sparato alle spalle. L’ufficiale allora spinge Albert in un buca con l’idea di farlo fuori, ma desiste poiché un colpo di mortaio di mortaio nemico seppellisce Maillard sotto una montagna di detriti.

   

In realtà Maillard non è morto, benché non sia messo bene, ed Édouard Péricourt, un suo compagno d’armi che ha percepito un movimento scava, scava, scava e lo va a recuperare. Solo che a questo punto il destino cinico e baro fa sì che una scheggia di granata gli porti via la mandibola e metà della faccia.

  

In qualche modo i due sopravvivono alla guerra e si congedano. Albert per gratitudine resterà ad occuparsi di Édouard, il quale da parte sua sviluppa una totale dipendenza dal compagno, sopratutto dal momento che decide di non riunirsi alla famiglia (abbiente e piuttosto in vista). Albert si ingegna e procura dei documenti falsi a Édouard, da tutti creduto morto. I due vivono insieme e si vedono costretti a confrontarsi con la dure realtà del nuovo tempo di pace: la Francia a parole è molto grata ai suoi soldati, ma in realtà le sue preoccupazioni sono tese a ben altro: c’è da ricostruire il benessere e gli onori riservati ai reduci sono puramente di facciata, fatti di petti impavidi lanciati contro il nemico che non tengono minimamente conto delle difficoltà di reinserimento nella società civile. In pratica è un po’ come se questa parte del romanzo fosse il seguito di “Niente di nuovo sul fronte occidentale”: nel romanzo di Remarque la realtà bestiale della trincea, qui la realtà squallida del dopoguerra. Per soprammercato l’unico a cui le cose vanno sempre meglio è Pradelle, l’ufficiale omicida che passa da un successo all’altro.

   

Per farla breve, ma in realtà tutta questa parte è descritta magnificamente da Lemaitre, a Édouard viene in mente un’idea che li renderà ricchi, facendosi beffe proprio di quella retorica encomiastica sui reduci di guerra. Péricourt invia una dépliant a tutti i comuni francesi non troppo vicini a Parigi (perché a nessuno venga voglia di venire a controllare di persona) in cui propone a nome di un certo illustre scultore Jules D’Épremon, membro dell’Istituto ed Ex allievo dell’Accademia nazionale delle Belle Arti, in offerta speciale una serie di monumenti celebrativi della gloria del milite ignoto francese. Si sa che i francesi hanno un Instituto pet tutto, quindi di fronte a una certificazione ufficiale nel clima di retorica imperante dell’epoca moltissimi comuni rispondono e, come da richiesta inviano dei soldi a mo’ di caparra. Naturalmente poi i monumenti non arrivano mai.

  

Il romanzo si dipana con enorme godimento fino alla fine, che non vi rivelo (e che quindi voi non scoprirete mai), ma tanto le cose importanti per vantarsi di aver letto questo romanzone, ormai le sapete già.

  

CI RIVEDIAMO LASSÙ di Pierre Lemaitre

Mondadori, 456 pagine


 

Shottini è un'idea di Andrea Ballarini
Video e editing di Enrico Cicchetti

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