Le fogne della Svizzera sono il nuovo Eldorado
Per l'Eawag, l’istituto federale per lo studio di ricerca sull’acqua, ogni anno nelle acque reflue svizzere finirebbero circa 2 milioni di euro in pagliuzze d'oro
C’è un’americana che dagli Stati Uniti si era trasferita anni fa in Svizzera per insegnare biochimica a Zurigo. Si chiama Janet Hering e dall’istituto tecnologico della capitale ha preso le redini dell’Eawag, l’istituto federale per lo studio di ricerca sull’acqua. Hering ha fatto ricerca per anni e questo continua a fare: studia le acque e l’inquinamento. L’anno scorso ha autorizzato uno studio di un’equipe di ricercatori su 64 depuratori in tutto il paese per capire lo stato di funzionamento e la qualità delle acque reflue. I risultati sono un ritorno alle sue origini, alle origini dell’America, un compendio di immagini di film e storie pionieristiche che portano all’Eldorado californiano e allo stesso tempo a un borgo svizzero dal quale tutto è partito. I risultati sono una stima di circa due milioni di euro l'anno che fluttuano nelle fogne svizzere in pagliuzze d’oro, scarti di lavorazione delle aziende di orologeria e di raffinazione. E questo non deve stupire. Soldi e bagni hanno un consolidato rapporto nei cantoni al di là delle Alpi, come dimostra il ritrovamento nel settembre del 2017 di decine di migliaia di banconote da 500 euro tagliuzzate negli scarichi di una banca di Ginevra.
I risultati riportano soprattutto a un uomo dalla fronte larga con qualche rimasuglio di capelli che cerchiavano il cranio e scendevano giù a incorniciargli il viso diventando grosse basette. Johan Sutter vendeva tessuti in Svizzera, vicino a Berna, lì dove era cresciuto dopo che i suoi erano fuggiti dal Baden-Württemberg, Germania, per un problema di giustizia. La famiglia Sutter aveva un problema con molti e un destino di fughe. Lo stesso che intervenne nella vita di Johan, ché lo fece arrivare prima nei porti dell’Inghilterra e poi su di un transatlantico diretto verso l’America. Troppi debiti, il fallimento della sua attività, le valigie fatte di notte e tanti saluti a creditori e problemi. Lì divenne John Augustus, una nuova identità per una nuova vita. Era l’alba dell’Ottocento e c’era un paese da esplorare.
Johan, o meglio John Augustus, aveva senso dell’avventura e una voglia di far soldi giustificato da un profondo spirito calvinista, una volontà di successo considerata evidenza della grazia divina. Comprò in qualche modo una nave a New York, poi iniziò a commerciare con Hawaii e Alaska, raggiunse il Messico e fece affari anche lì, colonizzò la parte bassa della California e creò basi di scambio su tutte le coste degli Stati Uniti. Poi risalì verso Sacramento, verso l’American River. Aprì una segheria, perché in quei luoghi quello serviva. E servì ancor di più quando dal fondo limaccioso del fiume un suo dipendente tirò fuori un pepita d’oro. Fu l’inizio di un’éra, quella della ricerca dell’oro: uomini a mollo sino ai polpacci nelle acque dei fiumi sino a scendere poi nelle miniere per vedere se quello che il fiume concedeva lo concedeva pure la terra. Un’éra che che divenne far west, cioè libri e film e fumetti al canto di Oh Susanna di Stephen Foster, che arricchì alcuni, illuse molti, rovinò Sutter.
“Che paradosso la vita. A volte riesce ancora a stupirmi. Ero a scrutar carte in biblioteca per scrivere la sceneggiatura a cui sto lavorando quando mi imbatto nella storia di Sutter. L’uomo che ha dato il via alla corsa all’oro ridotto sul lastrico dalla corsa all’oro”, scrive John Fante all’amico Robert Manly, nipote di William Lewis Manly, pioniere, cacciatore di pelli e esperto conoscitore degli indiani, che scrisse Death Valley '49, libro autobiografico che raccontava la Gold rush. Fu Manly a dare a Fante gli appunti del nonno per approfondire la vita di Sutter. “Che uomo strano, persona intelligente e perfida, almeno da quello che esce dagli scritti di tuo nonno. Ma non abbastanza per capire quanto sia attratto dall’oro l’animo umano. Rimase senza manovalanza e senza bestiame. Tutto dato in pasto a quei disperati affamati”, scrisse l’autore di Chiedi alla polvere.
Cercatori d'oro in California. Foto tratta da Wikipedia
Un’attrazione per l’oro che sembra essere ancora attuale. Dopo la pubblicazione della ricerca tre società californiane si è offerte di effettuare un dragaggio gratuito alle fognature svizzere. Due hanno giustificato l’offerta con la necessità di testare un robot di recente brevetto, un’altra sostenendo di avere una tecnologia d’eccellenza per migliorare l’efficenza della depurazione dell’acqua. Tutte e tre, probabilmente, per mettere le mani su almeno una parte di quel bottino da 2 miliardi stimati. Un tentativo di corsa all’oro a ritroso che questa volta parte dalla California per sbarcare in Svizzera. Gli elvetici non sono però un popolo di avventurieri e tantomeno di esploratori. Il loro meglio lo danno nella gestione delle finanze.