Troppi insoliti coglioni stanno sporcando le buone battaglie d'occidente
Skinhead, alt-right americana, Trump, Salvini alla larga. Per tornare a combatterle, bisogna prima liberarsi di loro
Quando fa freddo bisogna coprirsi. In materia di ideologia o senso dell’esistenza, concetto astratto ma storicamente pregnante per un giornalino ambizioso, fa un gran freddo. Un freddo polare. Se gli skinhead assaltano un luogo di cura dell’immigrazione a Como, e se la prendono con Repubblica, carattere Eugenio, non riesco, io che sono contrario all’immigrazione selvaggia e non regolata, a non sentirmi un immigrato potenziale, un volontario della Caritas, un bergoglista dell’accoglienza (ohibò!), un repubblicones per di più.
Se quelli della alt-right americana, the wrong nation, ce l’hanno su con gli islamici e gli ebrei, tecnicamente sono un branco di antisemiti, mi tocca ragionare di più e meglio sulla vecchia e buona idea che sia in atto uno scontro di civiltà, e che ebrei e cristiani debbano fare fronte comune davanti a sharioti e jihadisti senza nascondersi dietro un dito, esercitando una violenza incomparabilmente superiore a quella dei nemici dell’occidente (quale violenza? con quali alleati? in nome di quali idee e criteri?).
Se l’Impostore arancione tuìtta in solidarietà con i gruppazzi della destra britannica di Britain First che vogliono mangiarsi un islamico a colazione, pranzo e cena, mi passa un po’ la fame e mi viene voglia di mettermi a tavola con Hamza Piccardo (che Dio mi perdoni). Se Salvini di fronte al bio-testamento dice che lui “si occupa dei vivi, non dei morti”, la tentazione è correre dal notaio e scrivere le ultime volontà, magari con l’assenso dei grillozzi e il dissenso del professor Quagliariello. Se su quella scemenza politicista dello ius soli, una cosa che c’è anche senza automatismi, si scatena il finimondo garrulo della destra elettoralistica, la spinta per me è organizzare subito un ricongiungimento di famiglie marocchine.
Se il conflitto è tra l’Arancione e la Palletta nordcoreana, divento pacifista. Se in Alabama vince, come vince, il giudice Roy Moore, che lodai al tempo in cui si batteva per i dieci comandamenti nella rotunda del tribunale, del tutto a prescindere dalle sue avventure galanti d’antan auspicherei non dico l’intervento della guardia nazionale alla Lincoln, ma almeno una nuova legge sulla laicità dello stato, sul modello (ohibò!) di quella francese del 1905 che d’altra parte piace a Alain Finkielkraut e a Elisabeth Lévy, vecchi compagni di cordata.
Se tre senatori di Washington tra cui un eroe della nazione americana e dell’occidente come John McCain bloccassero la sacrosanta legge sulle tasse, che farebbe del bene all’economia e al mio medio-piccolo patrimonio finanziario oltre che al lavoro degli altri, presumo, ne pagherei volentieri le conseguenze in solido pur di liquidare il capo di quella banda di ladri ideologici che hanno trasformato in un conformismo da bordello la guerra sacrosanta al politicamente corretto.
Eppure non vorrei morire in diretta da Fazio, per nessuna ragione, non ultima la mancanza di quello spirito eroico che ha indotto un generale croato a compiere l’ultimo suo omicidio, il suicidio, nell’aula di un tribunale internazionale. E’ che Benedetto XVI ha fatto la sua Renuntiatio. Giovanni Paolo II è stato santificato subito. E in pochi anni sotto i ponti è passata tanta acqua sporca che non si sa come salvare il bambino. Non scherzo. Non sono soltanto paradossi. Fa davvero molto freddo in ogni senso. Perché torni la buona stagione, un’epoca in cui si sia di nuovo in dovere di battersi con piacere contro i soliti coglioni, bisogna togliersi dalle palle i coglioni insoliti.