In difesa del flirt fra colleghi
Una giornalista di Slate dice che #metoo ha reso impossibile capire il confine tra corteggiatore e predatore
Roma. “Quando avevo 23 anni, capitava che il mio capo, passando vicino alla mia scrivania, fissasse i miei pantaloni all’altezza del sedere. Ero una giovane fact-checker e lui era un editor, più grande e molto più potente di me. La mia carriera era nelle sue mani e una volta, dopo aver lavorato insieme a un articolo, lui mi invitò ad andare a bere per festeggiare. Era un venerdì sera, mi sentivo estremamente nervosa. Stava flirtando con me, lo posso dire con certezza. Il weekend successivo, mi ha invitata di nuovo. Pochi giorni dopo, mi ha baciato sugli scalini della stazione della metro di West 4th, senza prima chiedermi il permesso. Siamo sposati da 14 anni e abbiamo tre bambini”.
Allison Benedikt è redattore esecutivo per il magazine online Slate e sul sito racconta l’altra faccia del flirt in ufficio, quella leggera e spensierata che si contrappone alla dilatazione smodata del significato del termine molestia. Le vicende di Weinstein, Charlie Rose e Matt Lauer indicano che al giorno d’oggi le persone si sentono più libere di denunciare la controparte famosa e potente ma la generalizzazione del fenomeno, spiega Benedikt, ha avuto come effetto collaterale il congelamento delle relazioni umane. Oscillando tra l’orrore nei confronti degli abusi e l’allarme per la troppa facilità con cui le situazioni si trasformano in molestia, la giornalista definisce il movimento #metoo “sconcertante”. L’allarmismo non si limita a proteggere le donne dagli eventuali abusi, ma crea un’atmosfera dogmatica in cui le donne si trovano costrette a rinunciare anche a esperienze alle quali non avrebbero voluto rinunciare. L’isteria da #metoo deruba le donne della capacità di consenso e del potere di dire no senza sentirsi vittime. Se Allison Benedikt non avesse provato attrazione per quell’uomo più vecchio e più potente di lei e avesse rifiutato quel bacio sugli scalini della metro, sarebbe stata molestia o un semplice rifiuto? Provare ed essere rifiutato fa parte del ciclo romantico delle relazioni. Se quell’uomo più vecchio e più potente di lei, per paura di ricevere un’accusa di molestia, non avesse avuto l’audacia di invitare la collega più giovane, non sarebbe mai diventato suo marito.
Prima di essere attratta dall’attuale marito, la giornalista aveva una cotta per un altro collega non interessato, ma la Benedikt non si dava per vinta e ammette: “A volte credo di averlo anche fatto sentire a disagio”. Prima di lui un altro compagno di lavoro l’aveva corteggiata e questa dinamica umana, fatta di occhiatine e lusinghe tra colleghi, tra le scrivanie e i computer di un ufficio non può essere definita in toto come una serie di comportamenti predatori. Rileggendo la sua storia d’amore ai tempi del #metoo, Allison Benedikt confessa: “Una giovane con il suo capo nel buio di un bar. Oggi sembrerebbe un incubo, per me è stato l’inizio di qualcosa di bello”.