Che c'entra Leopardi con l'inverno demografico?

A Roma un convegno analizza il calo di nascite nel nostro paese. E parte dal Canto notturno di un pastore errante dell’Asia: che cosa vuoi generare se sei confuso sulla tua stessa natura (“ed io che sono?”)?

Che c’entrano i versi del Canto notturno di un pastore errante dell’Asia col calo demografico e con gli impegni delle forze politiche per far nascere più figli? Più di quanto si immagini, ad ascoltare il poeta Davide Rondoni, più volte interrotto dagli applausi di un pubblico che sabato 27 gennaio ha affollato - posti in piedi e fila all’ingresso - la cinquecentesca sala dei Piceni, nel cuore di Roma, per il convegno “Oltre l’inverno demografico”, su iniziativa di Alleanza Cattolica e del Comitato Difendiamo i nostri figli.

 

Quando Leopardi dice alla luna “Tu sai, tu certo, a qual suo dolce amore/ Rida la primavera”, invita a riscoprire quell’amore che permette alla primavera di andare oltre “il verno co' suoi ghiacci” e di aprirsi alla vita. E quando, poco dopo, Leopardi si chiede “ed io che sono?” - non “chi” ma “che” - rifugge da una dimensione individualistica e spinge a riscoprire la propria identità. La risposta al perché oggi metà delle donne italiane in età fertile non mettono al mondo anche un solo figlio non dipende solo da aiuti carenti e da politiche orientate ad altro. Dipendono pure dal non sapere chi si è.

 

Provoca Rondoni: che cosa vuoi generare se sei confuso sulla tua stessa natura (“ed io che sono?”)? In linea con quanto poco prima ha descritto il demografo Giancarlo Blangiardo, ospite consueto in queste pagine, che ai rappresentanti delle forze politiche in sala spiega come non è vero che gli italiani escludano di principio di fare figli; piuttosto sono indotti a ritardare e a rimandare, fino a quando l’età non induce a rinunciare. Chi è indeciso sulla via da percorrere di regola si ferma; allo stesso modo l’identità indecisa ferma la vita, rilancia Rondoni, e blocca la fertilità. Il quadro che descrive Blangiardo è terribile sia quanto all’oggi, con un divario fra morti e nuovi nati che nel 2017 si aggira sulle 200.000 unità (oltre 660.000 decessi a fronte di circa 460.000 nascite), sia quanto alle prospettive: se il trend non muta fra 30 anni ci saranno rispetto a ora 800.000 anziani in più, 1,6 milioni in meno di persone collocate nella fascia maggiormente produttiva, quella fra il 35 e i 44 anni, e 30.000 classi scolastiche in meno.

 

Questi dati costituiscono la base del confronto, guidato da Marco Invernizzi, reggente nazionale di Alleanza Cattolica, con gli esponenti dei partiti che hanno accolto l’invito degli organizzatori. Assenti, benché sollecitati a intervenire, Luigi Di Maio e Matteo Renzi; assenti e senza sostituti cui delegare la partecipazione: l’essere stati Pd e M5S attivi promotori delle leggi ostili alla famiglia varate nella legislatura che si è conclusa deve aver consigliato di non affrontare il campo. E’ stato un peccato: nascondersi non fa dimenticare al popolo del Family day, rappresentato dai suoi responsabili territoriali venuti da tutta Italia, che quei partiti hanno imposto alla Nazione, spesso senza discussione né adeguato approfondimento, le unioni civili, il testamento biologico, il divorzio breve e quello facile. E’ come se l’emergenza principale in Europa e in Italia, e cioè la drastica riduzione della popolazione e la drammatica elevazione della sua età media, non sia ritenuta una emergenza da due forze politiche la cui somma di consensi, secondo i sondaggi, supera il 50% dei voti validi. E’ un problema nel problema.
Gli altri, quelli che sono intervenuti, qualche impegno lo assumono, peraltro staccandosi per qualche ora dalla bolgia delle candidature. Giorgia Meloni, che sul tasto ha insistito non poco negli ultimi mesi, illustra un elenco che comprende il reddito d’infanzia, cioè un assegno mensile di 400 euro per chi ha un bambino fino a 6 anni di età, invece del reddito di cittadinanza M5S, che creerebbe solo mantenuti. E poi la copertura fino all’80% invece del 30% attuale del congedo parentale, l’estensione dell’orario per gli asili nido, gli incentivi per l’assunzione delle neo-mamme, l’eliminazione dell’Iva sui prodotti per l’infanzia. Matteo Salvini concorda sulle misure concrete e definisce fallita una Nazione con un così accentuato divario fra nascite e decessi. Stefano Parisi, alla sua prima uscita pubblica da candidato alla Regione Lazio, si aggancia a un passaggio della relazione di Blangiardo perché impiego femminile e maternità smettano di essere realtà antitetiche. Eugenia Roccella, da decenni impegnata sul fronte della vita e della famiglia, inviata dalla nuova formazione Noi per l’Italia, rimarca la necessità di modificare, in tutto o in parte, le pessime leggi dell’ultimo quinquennio. Maurizio Gasparri, per Forza Italia, protagonista con pochi altri della resistenza all’aggressione alla famiglia, confessa di essersi sentito spesso “agente senza mandato” e per questo chiede che nel nuovo Parlamento giungano persone con la tempra giusta “per opporsi alle ingiustizie e ai torti che subisce la famiglia”. In questo facendo eco all’intervento del cardinale Elio Sgreccia, presidente emerito della Pontificia Accademia per la vita, che nel saluto d’inizio esorta i cattolici a “tirare fuori il loro battesimo e il loro coraggio”: perché senza il loro contributo la società è più povera.

 

Tira le somme Massimo Gandolfini, che indica nel Family day - per Invernizzi una delle novità più significative della politica italiane degli ultimi anni - non un partito ma un movimento. Capace di riportare in piazza milioni di persone, come è accaduto per due volte a Roma, di arginare i tentativi di far entrare il gender nelle scuole, ma più in generale di contribuire al lavoro culturale indispensabile a convincere alla causa della vita: se l’Italia è oggi demograficamente più povera dipende anche dalla pratica massiva dell’aborto legale, che in 40 anni ha distrutto oltre sei milioni di essere umani. Se il Family day non si trasforma in un forza politica, qualche suo esponente sarà candidato per il voto del 4 marzo: il sale deve dare sapore, può anche essere limitato ma non deve mancare.

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