Così Facebook rabbuia l'arte desnuda online: l'algoritmo dei talebani
Dai nudi di Pompei a quelli di Modigliani. Ora basta una tetta per avere il proprio account sospeso
Roma. Il primo a incappare nella nuova distopia puritana di Facebook è stato Jerry Saltz, il critico d’arte del New York Magazine. Aveva postato sul social il dettaglio di un affresco di Pompei di duemila anni fa, in cui una coppia è impegnata a copulare. Saltz ha ricevuto un avviso da Facebook che lo informava che l’accesso al suo account era stato sospeso. Cosa era successo? Era entrato in azione l’algoritmo dei talebani di Mark Zuckerberg che, con insistenza maniacale, da settimane sta censurando la grande arte desnuda scambiandola per “pornografia”.
Gli “standard comunitari” di Facebook vietano la pornografia e limitano la visualizzazione della nudità. Essendo cieco, l’algoritmo vieta la visione anche delle opere d’arte. Così il gigante social ha rimosso l’immagine di una donna nuda di Gerhard Richter dalla pagina del museo parigino del Centre Pompidou. Stessa sorte alla pagina del museo parigino Jeu de Paume che aveva pubblicato uno studio sul nudo del fotografo francese Laure Albin Guillot. Un paio di seni nudi di troppo. Il fotografo tedesco Peter Kaaden ha fatto visita al Louvre e ha poi pubblicato la foto di una scultura nuda. Anche quella è stata rimossa.
A Parigi, Facebook è a processo per aver sospeso un insegnante che aveva pubblicato il celebre dipinto di Gustave Courbet, “L’Origine du Monde”, che raffigura una vagina. Poi anche una fotografia della Sirenetta di Copenaghen, il simbolo della capitale danese fotografato da milioni di turisti ogni anno, è stata censurata da Facebook. Pochi giorni fa è successo ai nudi palermitani di Piazza Pretoria. “Dal momento che non rispetta le nostre normative in quanto contiene un’immagine che mostra eccessivamente il corpo o presenta contenuti allusivi, la tua inserzione è stata rimossa”. Con questo messaggio automatico Facebook ha censurato gli operatori culturali che volevano promuovere Palermo e i suoi monumenti. Stessa sorte per la Venere di Willendorf, una delle più antiche (30 mila anni) e famose rappresentazioni della storia della forma femminile. Il Museo Naturhistorisches di Vienna si è scagliato contro Facebook: “Un oggetto archeologico, soprattutto così iconico, non dovrebbe essere bandito da Facebook a causa della ‘nudità’, come nessun’opera d’arte dovrebbe essere”.
Nei giorni scorsi, Facebook ha bloccato l’inserzione pubblicitaria che riportava un dipinto di Schiele, nonostante le nudità fossero coperte, in occasione dell’uscita del film “Egon Schiele” sul maestro dell’espressionismo viennese. Facebook non ha approvato neppure una inserzione della pagina di Rinascimento Romagna ritenendo il nudo femminile nel dipinto “Allegoria del tempo” di Guido Cagnacci una forma di “pornografia”. Stessa sorte per una donna supina in un celebre quadro di Modigliani, usato da un museo di Losanna sul suo profilo per pubblicizzare una mostra.
Facebook ha pure censurato il dipinto dell’artista australiano Charles Blackman “Women Lovers”, che ritrae due donne nude a letto: di una si intravede il capezzolo, dell’altra si vede il sedere. Ha fatto la stessa fine del celebre bacio di Auguste Rodin.
Ha denunciato il direttore della casa d’aste Mossgren, Paul Summer: “Non sembra di stare nel XXI secolo. Su Facebook vediamo costantemente gente seminuda e poi bloccano un dipinto che non ha nulla di sessuale. Siamo al ridicolo”. Il nudo d’arte non ha mai dato scandalo. Ma ai postmodernissimi e progressisti social californiani procura più di una pruderie.
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