Ci vuole molto talento per vivere di solo reddito di cittadinanza
Fantasticando sulla nuova vita sotto il segno dell’Onestà: licenziarsi immediatamente, chiedere il tfr e inseguire le proprie passioni. Ci si vede al bar
Con le proiezioni del Senato ancora negli occhi si va a letto fantasticando sul nostro reddito di cittadinanza per una nuova, scintillante vita sotto il segno dell’Onestà. Primo: licenziarsi immediatamente, chiedere il tfr e inseguire le proprie passioni. Per esempio, showrunner di serie televisive irrealizzabili per vari motivi. In alternativa, forestale a cavallo in Sicilia. Non vediamo l’ora di entrare nel mirabolante mondo di un “poverty gap” infinitamente più vantaggioso del lavoro retribuito e tassato. Forti solo delle nostre entrate in nero, inizieremo quindi “un percorso per essere accompagnati nella ricerca del lavoro”, come dice il disegno di Legge presentato dal M5S, ma solo se il lavoro ci piace. Ovvero, finché non arriva una “offerta attinente alle competenze segnalate dal beneficiario”. Le competenze da showrunner le abbiamo sempre avute. Semmai non siamo mai stati capiti, ascoltati, incoraggiati. Perché qui lavorano sempre i soliti raccomandati, ci sono le lobby delle fiction, la Rai è in mano al Pd e i figli della casta si conoscono tutti, ma è ora di dire basta.
Altro che gli 80 euro di Renzi. Qui si fa sul serio. Non soldi regalati dall’alto ma ridistribuiti dal basso con lo scopo di spingerci a tirare fuori il meglio di noi. Direbbe Conrad: ma come faccio a spiegare a Di Maio che quando mi affaccio alla finestra sto cercando lavoro? Non c’è problema. Tra noi ci fidiamo, tra noi c’è trasparenza e onestà, e poi ci sono i “paletti”. Insomma, questi soldi tocca meritarseli. Meritocrazia, anzitutto. Specie tra poveri. Il regolamento del reddito di cittadinanza proposta dal M5s parla chiaro. I 780 euro, offerta di base, li merita ogni disoccupato chi dimostra la “reale volontà di trovare un impiego”, ma anche un impegno solenne a “effettuare ricerca di lavoro attiva per almeno due ore al giorno” (voce “requisiti”). Niente di più facile. Nei bar del Pigneto non si fa altro che incontrarsi tra showrunner a un passo dalla realizzazione del progetto. Attivissime riunioni di sceneggiatura, chiacchierate coi produttori, fittissimo scambio di idee, progetti, storie da mandare a “quelli di Netflix”, c’ho pronto un mockumentary, ho buttato giù un soggetto ma è un esperimento, chiamami per quel crowdfunding, sentiamoci. Due ore al giorno così. Tutti i giorni. Insomma, com’è adesso ma col reddito. Perché no, non ci hanno incantato le sirene della patrimoniale, la fine delle privatizzazioni, l’Università gratuita di Potere al Popolo e Liberi e Uguali. Macché. E’ col reddito di cittadinanza che troveremo noi stessi. “Ci vuole un grande talento per non lavorare”, scriveva Guy Debord, teorico anti-sistema e situazionista incendiario del Sessantotto parigino. Sempre meno di quanto ce ne vorrà per vivere di solo reddito di cittadinanza.
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