Perché oggi in Irlanda si può bere birra al pub (ed è una notizia)
Il governo autorizza i locali a rimanere aperti anche per il “good friday”: è la prima volta (o quasi) dal 1927
Anche le tradizioni secolari possono essere cambiate. Penitenza, riflessione e preghiera ora potranno essere accompagnati – per legge – da una pinta di Guinness. L’Irlanda ha infatti deciso di revocare il divieto di vendere alcol nella giornata del Venerdì santo, una delle più importanti e sacre della tradizione cristiana. Questa sera gli irlandesi potranno bere birra, uno svago che era loro vietato da circa un secolo, dal 1927 per la precisione.
I pub irlandesi saranno aperti fino a mezzanotte e mezzo e accoglieranno i clienti che fino a oggi si trovavano costretti a ricorrere al mercato nero in cerca di bevande alcoliche. Lo stesso vale per i turisti, che gli scorsi anni vagavano nelle strade di Dublino a caccia di una pinta. Secondo quanto afferma la Vintners Federation of Ireland (Vfi), associazione che riunisce i proprietari di pub del paese, l’apertura festiva potrebbe generare 40 milioni di euro in più nelle vendite, a cui se ne aggiungono 7 di imposta sul valore aggiunto.
I tempi sono cambiati
"Il divieto del venerdì santo appartiene a un’èra differente”, ha detto Padraig Cribben, presidente della Vfi, “come tutti gli altri settori, che non sono mai stati soggetti a bandi di questo tipo, e i proprietari di locali adesso possono scegliere di tenere aperto”. Non tutti sono d’accordo però, da un lato c’è una parte della Chiesa cattolica, per cui il Venerdì santo è un giorno di preghiera e penitenza per la morte di Gesù Cristo, dall’altro i critici che sostengono che la nuova legislazione stride con l’obiettivo del governo di ridurre i danni causati dall’alcol.
“Stiamo dicendo che gli unici turisti che vogliamo sono quelli che non possono stare 24 ore senza bere in un locale pubblico?”, si chiede la parlamentare Maureen O’Sullivan. Per evitare dilemmi morali, e anche per farsi pubblicità, alcuni pub hanno deciso di dare i loro ricavi in beneficenza, altri invece si ribellano, come a Newmarket, una piccola città vicino a Cork, dove questa sera i sei esercenti del posto hanno deciso di rispettare la tradizione e tenere le porte chiuse.
Nell'introdurre la legge nel Dáil, il Parlamento irlandese, il ministro della Giustizia David Stanton ha detto che la revoca è un segno della "demografia che cambia, e della diversità che cresce tra la nostra popolazione". Fattori che, secondo Stanton, hanno portato a una "riduzione della pratica religiosa nel paese".
La Good Friday controversy
Il divieto di vendere alcolici durante le festività del Venerdì santo era stato più volte messo in discussione. Il 2 aprile del 2010, per esempio, era un Venerdì santo, ma a Limerick tutti avevano gli occhi puntati sulla partita della competizione rugbystica Celtic League, che vedeva scontrarsi Munster e Leinster. Nella città ci fu una ribellione dei titolari dei pub, infuriati per la chiusura forzata. Decisero quindi di ricorrere in tribunale, e i giudici dettero loro ragione. Fu la prima e ultima volta che i pub rimasero aperti in un "good friday".
Birra e Cristianesimo
Il rapporto della religione cristiana con l’alcol è antico: “La birra è liquido di Dio, pertanto va preservata nella tradizione”, diceva Ludovico I, re di Baviera, nel 1839, motivando la decisione di respingere la richiesta di modificare la legge di purezza della birra ed estendere i confini della produzione. Poi ci sono i frati trappisti, noti produttori di birra, che con il suo contenuto calorico è considerata fonte essenziale di nutrimento nelle giornate di digiuno. Insomma, non è detto che bere alcolici durante le festività sia da considerarsi un'azione contraria ai princìpi cattolici, soprattutto in un paese in cui si dichiara tale quasi l'80 per cento della popolazione. Che però, alla penitenza preferisce una pinta di Guinness.
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