Boldrini e Argento, sentite che succede alle accusatrici di Tariq Ramadan
Botte, sputi e minacce alle uniche perseguitate di #MeToo
Roma. Se Asia Argento e Laura Boldrini cercassero le uniche, vere donne perseguitate da quando è stato lanciato #MeToo, dovrebbero andare a Parigi e sfogliare l’ultimo numero della rivista Marianne. E’ dedicata alle tre donne che hanno avuto il coraggio finora di denunciare per stupro Tariq Ramadan, il paladino dei borghesi in cerca di un “islam moderato” potabile nei salotti e nelle cancellerie occidentali. Le tre, presunte vittime di Ramadan sono state oggetto di una campagna di molestie e aggressioni senza precedenti. E ora per la prima volta, tutte e tre hanno raccontato a Marianne il calvario passato dopo che hanno denunciato Tariq Ramadan, incriminato e detenuto dal 2 febbraio a Fleury-Mérogis. Minacce, insulti, aggressioni fisiche e psicologiche.
Due di loro hanno considerato anche di ritirare la denuncia. “Hai solo ciò che meriti” è uno dei tanti messaggi che Marie riceve ogni giorno, da quando ha presentato una denuncia per stupro contro Tariq Ramadan il 7 marzo scorso. E il messaggio proviene da uno dei suoi fratelli. Il 5 aprile, Marie ha dovuto sporgere denuncia contro di lui. Henda Ayari, che ha presentato la prima denuncia il 20 ottobre 2017, non ha più alcun sostegno: “La mia famiglia non mi parla più”. I nomi, i numeri di telefono e gli indirizzi delle tre donne sono stati divulgati sui social media. Henda Ayari si lamenta: “Non posso più andare a fare shopping, non posso camminare per strada, esco con un berretto, occhiali da sole e la testa bassa”.
Jonas Haddad, l’avvocato di Ayari, ha presentato alla polizia di Rouen un rapporto di venti pagine contenente tutti i messaggi ricevuti in queste settimane dalla sua assistita. Si va dall’accusa di essere una “puttana” a quella di essere stata “pagata dagli ebrei”, fino a quelli che le dicono che sta “facendo soldi sull’onda dell’ islamofobia”. C’è anche chi si è presentato sotto casa di Ayari, suonando alla porta, promettendole di ammazzarla e augurandole di finire nelle mani dell’Isis. Di qualche giorno fa la notizia che Majda Bernoussi, cittadina belga di origini marocchine, avrebbe concordato una cifra di 27 mila euro per chiudere la bocca. Ramadan come Trump?
“Esco sempre meno”, testimonia Marie, una delle due donne che usa uno pseudonimo. Due settimane fa, la donna è stata aggredita per strada: “Sporca troia”, le hanno urlato quattro giovani sputandole in faccia. E le testimonianze sono simili: “Telefonano a casa nel mezzo della notte, ricevo chiamate anonime ogni giorno, persone che respirano o che ridono all’altro capo del telefono”. Mentre Marie descrive un clima di “paura permanente”, Christelle confessa: “Non voglio svegliarmi tramando di notte, con gli estranei che suonano alla mia porta”. Christelle riceve email da estranei contenenti “informazioni molto specifiche sull’uso del mio tempo”. E aggiunge: “Questa sorveglianza ci terrorizza”.
Un giorno Marie porta il figlio a scuola. Una macchina si ferma alla sua altezza, e l’autista le urla: “Chiudi la bocca, fai attenzione ai tuoi bambini”. Quel giorno doveva andare a Parigi per vedere i suoi avvocati. Il 24 marzo è stata violentemente aggredita nell’atrio del suo palazzo da due uomini che, dopo averla malmenata, le hanno spruzzata acqua addosso e le hanno detto: “La prossima volta sarà benzina”.
Denunciare Ramadan significa anche aver perso delle possibilità economiche. Henda Ayari: “Non posso lavorare come prima, tutti mi riconoscono ...”, spiega. Christelle, programmatrice di computer, vive “al di sotto della soglia di povertà”. Alla Ayari hanno vandalizzato anche l’auto. Va da sé che ci sia profonda amarezza per come siano state abbandonate da chi brandisce la bandiera di #MeToo: “Non ho ricevuto alcun messaggio dalle organizzazioni femministe o da coloro che beneficiano di sovvenzioni”. Di questa #MeToo del multiculturalismo non ne parla nessuno.