Sparite le prefiche e i requiem, ai funerali ci sono le barzellette al posto dei salmi
Rivoluzioni e interrogativi semiseri
Tutti dobbiamo arrivare al capolinea, ma questa è una banalità e, insieme, una gran menzogna, perché la prospettiva muta a seconda del numero di fermate che mancano. Da ultimo, Simone de Beauvoir ha dedicato a questo periplo delle pagine indimenticabili per tutti, fuorché per i morti. Anche la legge italiana se n’è occupata, prima cambiando la definizione di morte per adeguarla ai trapianti e, in seguito, per consentire le disposizioni anticipate di trattamento e, segnatamente, quelle di non trattamento. Un tempo c’erano le prefiche ai funerali, delle professioniste del pianto, che sopperivano alle difficoltà lacrimali dei superstiti. Non è indispensabile Eraclito per sapere che tutto cambia: basta avere occhi e orecchie.
Così, abbiamo assistito a un cambiamento epocale senza che tanti mass media lo capissero, ed è quello del mutato atteggiamento dei sopravvissuti; non siamo così sfacciati da qualificarlo ma, in compenso, siamo sufficientemente svegli da accorgercene e, tutto sommato, da uscirne confortati. Non è forse una piccola/grande rivoluzione che ai funerali si raccontino delle barzellette? Come tutto cambia, dicevamo, anche le imprese di pompe funebri si saranno sicuramente adeguate e, al posto dei salmi, avranno di sicuro acquisito qualche raccolta di storielle amene per l’occasione, e non saranno come quelle autoironiche i cui ricavi Francesco Totti dava in beneficenza, perché anche gli impresari dell’ultima trasferta dovranno campare e far campare, anche se per loro questo verbo è un ossimoro che si affaccia.
Ecco che si dischiude un nuovo mestiere, ora che il progresso tecnologico ne ha estinti (per restare in tema) tantissimi. Dettaglio non da poco, sarà un campo (o un camposanto) riservato agli italiani, perché un barzellettiere che si esprimesse al momento dell’estremo saluto in tagalog o in mandarino potrà essere pure bravo, ma qualche piccolo problema di comprensione se lo dovrà pur porre. Piuttosto, sarà possibile raccontare liberamente le barzellette nei discorsi funebri o bisognerà, in quest’Italia corporativa, essere iscritti a un ordine generico (attori) oppure specifico (barzellettieri da funerale)? Infine, vista la proliferazione di cantastorie estremi, servirà un medium per valutare il gradimento del defunto? Nel dubbio, consiglierei di farne cenno nel testamento, magari con un codicillo: qualcuno potrebbe non gradire.
generazione ansiosa