“I centristi sono ostili alla democrazia”
Uno studio che è un colpo al cuore. "Non sono gli estremisti, sono i più ostili alla democrazia". Due chiacchiere con il suo autore, David Adler
Il titolo è un colpo al cuore: “I centristi, non gli estremisti, sono i più ostili alla democrazia”, l’articolo è pubblicato sul New York Times, l’autore è David Adler, un giovane ricercatore di base a Londra che divide il suo tempo tra l’associazione no profit Generation Rent e Renewing the Center, l’ufficio del think tank dell’ex premier inglese Tony Blair che si occupa di rivitalizzare il centro e di fornire ai politici le idee “per combattere l’ascesa del falso populismo”. Un colpo al cuore con tabelle e istogrammi che sono come delle scosse: i centristi sono i più scettici nei confronti della democrazia; i meno propensi a sostenere elezioni “libere e giuste”, a difendere i diritti civili e le istituzioni liberali; affascinati dai leader forti. Il mondo alla rovescia, con i commenti sui social che insistono: l’avevamo sempre detto che meno moderati dei moderati non c’è nessuno.
Con ancora un dolore forte, abbiamo chiesto spiegazioni all’autore della ricerca: forse c’è qualcosa che non va nella definizione stessa di “centrista”. David Adler risponde preciso (e paziente: ha capito di aver fatto un po’ di male), dice che gli intervistati – ha utilizzato i dati della World Values Survey dal 2010 al 2014 e dell’European Values Survey del 2008 – si “autodefiniscono centristi: in una scala da 1 a 10 tra sinistra e destra, si posizionano tra 5-6”. La percezione di sé può essere parecchio sbagliata, quindi forse definirsi centrista è diverso dall’essere moderato. “Mi sono assicurato – dice Adler, che ha condotto lo studio in modo indipendente dai think tank per cui lavora – che i centristi fossero moderati ponendo due questioni politiche: l’avversione all’immigrazione e se è più importante la libertà o l’eguaglianza. I centristi hanno sempre scelto la posizione politica ‘moderata’”. Alcuni esperti hanno contestato comunque la definizione di centristi, perché, dati alla mano, si scopre che per classi di età, di istruzione e di reddito i centristi ostili alla democrazia dello studio di Adler sono diversi da quelli che abitualmente consideriamo moderati: prevale, nell’analisi delle risposte, un grande “non so”, “non ho un’opinione al riguardo”. Non che l’assenza di un’opinione su temi come democrazia, elezioni o diritti civili sia rassicurante, ma è comunque diversa dall’“ostilità”. Anche Adler, quando spiega la propria interpretazione dei dati, fa passare un po’ il dolore: “Le nostre idee sulla democrazia sono molto flessibili – dice – In Europa il principio di democrazia è stato stiracchiato fino al suo punto di rottura. Leader come Viktor Orbán, premier ungherese, dicono di rappresentare la democrazia, ma indeboliscono il significato delle elezioni e soffocano i diritti civili”. Avevamo il sospetto che la definizione “democrazia illiberale” avrebbe alla fine danneggiato la democrazia, non gli illiberali: “Alcuni populisti sono pericolosi – dice Adler – altri sono democratici. Questo studio dimostra che dobbiamo guardare meglio che cosa pensano i populisti e capire quanto è forte la loro convinzione nei confronti della democrazia”. Bisognerebbe anche intendersi su quel che è la democrazia: si moltiplicano le analisi che dicono che il modello è in crisi, e che le elezioni non sono più una garanzia di democrazia, anche se ci dimentichiamo sovente come sono i paesi in cui le elezioni non si tengono affatto, o c’è solo un partito che può vincerle. Secondo Adler il centro non è una “safe zone”, e qui aggiunge, sempre paziente, la considerazione che un po’ cura lo spavento: “Se i moderati non combattono contro i populisti”, allora sì che abbiamo un problema.
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