“Non esistono bambini incurabili, sulla vita non possono decidere i tribunali”
Vita e diritti, la carta del Bambino Gesù. Parla Mariella Enoc
Roma. E’ stata presentata lunedì, all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, la “Carta dei diritti del bambino inguaribile”. Dieci articoli che sottolineano l’importanza dell’alleanza terapeutica tra la famiglia del paziente e il medico con una piena partecipazione al percorso di cura. Un’iniziativa, dice al Foglio la presidente del Consiglio d’amministrazione dell’ospedale, Mariella Enoc, “che nasce dalla convinzione che si dovesse fare qualcosa di incisivo in questa materia, per evitare altri conflitti in futuro e provare a costruire un dialogo e un percorso condiviso tra gli operatori sanitari e le istituzioni dei diversi paesi europei. Una forma di sinergia che possa coinvolgere eventualmente anche altri paesi fuori dall’Unione, qualora fossero disponibili e interessati. L’obiettivo è di provare a evitare che dopo Charlie Gard e Alfie Evans ci sia un terzo caso analogo, con scontri ideologici, fazioni contrapposte, toni aspri e violenti. Non contenuti, come noi abbiamo chiesto, peraltro, in entrambi i casi. E’ un’esigenza che avevo sottolineato già in quei tragici giorni della vicenda inglese: abbassare i toni e lavorare insieme”.
E non v’è dubbio che le vicende di Charlie e Alfie abbiano lasciato il segno. “Io – ha detto mons. Francesco Cavina, il vescovo di Carpi che per incarico del Papa ha seguito la vicenda di Alfie Evans – ho rilevato che c’è stata da parte della gente, credenti e non credenti veramente un’attenzione particolare su questi fatti, perché tantissime persone hanno capito che qui è in gioco la persona umana, l’uomo. Quando il Santo Padre mi ha chiesto le ragioni per le quali mi ero interessato di questo caso, ho risposto: ‘Perché ho pensato anche alla mia vita, perché oggi c’è questo bambino, ma domani potrebbe esserci ognuno di noi, nel momento in cui la società, o chi per essa detiene il potere, ritiene che la nostra vita – la mia vita – non abbia più alcun valore né significato”. Charlie e Alfie, dice Mariella Enoc, “sono state due esperienze molto forti e traumatiche, ma non dobbiamo pensare che siano casi isolati. Sono molti i pazienti in condizioni simili anche nel nostro ospedale”, sottolinea Enoc. L’idea della Carta nasce allora proprio dai precedenti dolorosi che hanno coinvolto anche il Bambino Gesù: “Questo documento vuole essere una guida, un punto di riferimento, una strada condivisa da percorrere in situazioni simili. Si tratta di una bozza aperta, che stiamo aggiornando recependo anche quel che emergerà dal dibattito che è già iniziato”.
La particolarità del caso inglese
Il punto centrale, che forse alle nostre latitudini è ovvio mentre altrove non lo è per nulla, è che inguaribile non significa incurabile. “E’ questo il centro della questione”, dice Mariella Enoc. “Noi pensiamo che ci sono bambini purtroppo ‘inguaribili’, con malattie inguaribili, ma che non esistono bambini ‘incurabili’. Un bambino è sempre curabile, fino alla fine. Il caso inglese è particolare. Dobbiamo innanzitutto dire che non si tratta certamente di un paese barbaro o poco evoluto. Al contrario, è un paese assolutamente avanzato sotto il profilo sanitario e che fa tanta ricerca. C’è un problema culturale, però, sul modo di intendere la cura, e c’è soprattutto un tema economico, una questione di costi. Mi rendo conto che è un concetto molto forte”. Un concetto che la presidente del cda dell’ospedale pediatrico romano, spiega: “E’ un problema di sostenibilità economica che sta investendo sempre di più anche altri paesi e una riflessione in questo senso andrà necessariamente fatta, essendoci un problema concreto di risorse. In Inghilterra si segue il principio secondo cui si sperimenta solo dove c’è guaribilità (o presunta guaribilità). Dove invece la scienza dice che questo bambino non può essere guarito, non si sperimenta, non si interviene. Pensiamo al diverso trattamento, ad esempio, rivolto ai nati prematuri in condizioni molto critiche. Noi pensiamo invece che il processo terapeutico comprenda non solo il guarire, ma anche il curare, il prendersi cura, l’accompagnare. E certamente questo può avere una maggiore ricaduta in termini di costi economici”.
La proposta di Simoncini e Prosperi
La scorsa settimana, su questo giornale, Andrea Simoncini (ordinario di Diritto costituzionale a Firenze) e Davide Prosperi (docente di Biochimica a Milano-Bicocca) avevano scritto che proprio il caso di Alfie Evans dimostra come noi viviamo ancora dominati dal dogma secondo cui l’unica forma di giustizia si realizza attraverso il processo e il giudice. Enoc concorda in pieno e non è un caso se nella Carta compare – tra le altre cose – la necessità di ricorrere alla cosiddetta second opinion, a un parere medico aggiuntivo, che è “riconosciuto come uno standard per la qualità e sicurezza delle cure da parte della Joint Commission International, il principale ente di accreditamento internazionel delle strutture ospedaliere”. Il fatto è, osserva Mariella Enoc, “che la medicina non è matematica, non è una scienza esatta. E diversi medici possono avere soluzioni o approcci diversi. Né può essere un tribunale, se non in casi limite, a dirimere una controversia sulla vita di un bambino, non senza avere ascoltato almeno il parere di esperti esterni o annullando di fatto il ruolo imprescindibile del genitore. Il senso della nostra Carta – aggiunge – è quello di allargare la platea di quanti sono chiamati a dare un parere sul caso specifico per trovare una soluzione condivisa ed evitare il più possibile il ricorso al tribunale. L’intervento del giudice – dice ancora Enoc – ha senso per giudicare la colpevolezza o l’innocenza di una persona. Si può comprendere in casi di maltrattamento, di incuria o di abbandono. Ma non era certo questo il caso di Alfie Evans. Ci sono tante sfumature, la legge non è la verità”.
E’, in fin dei conti, un problema che riguarda l’umano. “Il Papa spesso parla dello ‘scarto’, di ‘persone scartate’, ma viene tante volte frainteso o inteso in senso riduttivo”, dice la nostra interlocutrice. “Non parla infatti solo dei senza casa o dei senza dimora, parla anche dei malati terminali, sia i bambini sia, soprattutto, gli anziani. C’è un problema di solidarietà, che sta venendo meno in tanti contesti un tempo anche floridi. E’ a tutte queste persone considerate inutili e private della solidarietà che il Papa si rivolge”.
La situazione in Europa
Enoc faceva riferimento a un problema di costi che sovente s’unisce ad approcci culturali diversi dai nostri. Daniele De Luca, direttore della Pediatria e della Rianimazione neonatale dell’Ospedale “Beclere” di Parigi, intervenuto alla presentazione della Carta dei diritti del bambino inguaribile: “Abbiamo parlato dell’Inghilterra. Se guardiamo ad esempio ai Paesi Bassi o al Belgio ci sono giustappunto delle normative per l’eutanasia, e in questi paesi per esempio i piccoli prematuri vengono rianimati molto meno rispetto a quanto avviene ad altre latitudini. In Francia – ha aggiunto il prof. De Luca – la situazione è più complessa: ci sono delle differenze da un centro all’altro; dunque diciamo che dipende dalla sensibilità dei medici, dei direttori, e quindi dall’ambiente di quel reparto piuttosto che di un altro. Quindi, ancora una volta, stante questa variabilità, si capisce quanto è importante formare medici e far passare questa cultura”.