Miss bella dentro
Contro lo sfruttamento del corpo femminile Miss America giudicherà le modelle dall’anima. Profezia intorno a una paradossale rivoluzione che per liberare le donne dal patriarcato ritorna al puritanesimo
La commissione di Mx. America, il più antico concorso di talenti del paese, ha finalmente deciso di cambiare le regole della competizione. Dall’edizione del 2057 i concorrenti non saranno più giudicati per i loro “successi”, i “talenti” e le “conoscenze”, come recitava il vecchio e contestatissimo regolamento. Le antiche griglie valutative, rigide ed esclusive, lasceranno il posto a valutazioni più flessibili e rispettose dell’ampia gamma di abilità esibite dai partecipanti. La commissione che presiede il premio, guidata da Mary Smith, che ha vinto il contest nel 2026 nella categoria “intelligenza emotiva”, ha spiegato che i criteri finora usati per selezionare i vincitori sono strutturalmente offensivi e discriminatori, deprimono la diversità e mercificano le persone che vi partecipano, classificandole secondo le loro abilità intellettuali o le loro inclinazioni emotive. L’idea stessa di una gerarchia stabilita da giudici esterni va messa in discussione nel momento storico decisivo che stiamo attraversando, ha detto Smith, spiegando che dal prossimo anno le tradizionali categorie – “empatia”, “affabilità”, “senso dell’umorismo”, “onestà intellettuale”, “abilità computazionali”, “solarità” e così via – saranno sostituite da voci cangianti e personalizzate, valide soltanto in una specifica situazione incomparabile a qualunque altra. La riforma non è che il prodromo dell’autovalutazione, la strada maestra già segnata da diversi anni nelle maggiori università americane, che hanno abbracciato il motto: “La valutazione è una forma di oppressione”. Inoltre, la commissione ha stabilito che dalla prossima edizione il numero dei premi sarà, per regolamento, identico al numero dei concorrenti, una correzione egalitaria necessaria in un momento in cui la società civile si sta risvegliando contro la dittatura della meritocrazia. Nessuno dovrà subire così la discriminazione di non essere premiato. “Non sarete più giudicati per le vostre qualità interiori”, ha spiegato Smith, “ci stiamo muovendo in avanti, stiamo evolvendo in questa rivoluzione culturale”. L’annuncio della commissione è stato accolto con soddisfazione dagli attivisti che fino allo scorso anno si riconoscevano nel Fronte per l’Uguaglianza, ma che quest’anno hanno abbandonato tutte le sigle per non offendere le identità individuali. I membri dell’ex fronte hanno sfilato, divisi eppure compatti, a Washington e in altre città americane per festeggiare la riforma di Mx. America. Un portavoce della manifestazione, che com’è d’uso preferisce non essere identificato, ha commentato: “Nel 2057 certe cose erano semplicemente inaccettabili! Se c’è una cosa che generazioni di attivisti ci hanno insegnato è che il mondo va avanti, e non si può tornare indietro. Con il suo regolamento anacronistico, Mx. America rischiava di trasformarsi in un freno nella corsa del progresso e dei diritti. Non dobbiamo mai dimenticare che ci sono state epoche in cui i vincitori si stabilivano esclusivamente in base alla bellezza fisica, e per decenni i concorrenti sono stati costretti a indossare gli stessi abiti nella competizione. Addirittura la sfilata in costume da bagno era un passaggio obbligato, nel silenzio connivente dell’opinione pubblica. Non vogliamo rimanere intrappolati in quel passato che tanti di noi hanno lottato per debellare: questo è il messaggio della giornata di oggi”.
Spingendo il principio alle sue estreme conseguenze presto avremo Mx America giudicat* per la sua empatia e affabilità
Via anche l’abito da sera: le ragazze potranno indossare vestiti che “le fanno sentire a proprio agio ed esprimono il loro stile personale”
Non è certo la prima volta che il concorso più noto del paese attraversa una fase di trasformazione per adeguarsi alle rinnovate esigenze del tempo. Negli anni Venti c’è stata l’agognata emancipazione della gara dalla bellezza fisica. Le donne, le uniche allora titolate a partecipare, hanno iniziato a essere valutate per le abilità cognitive, le inclinazioni intellettuali e le doti creative, tanto che per le vincitrici il premio è stato, per un breve periodo, l’ammissione a una a scelta fra le università dell’Ivy League. Poi, per evitare che il concorso si trasformasse in una replica televisiva dei test che si fanno alla fine delle scuole superiori, il format è stato modificato in modo da valorizzare la creatività e altri soft skills. Qualche anno più tardi sono stati rimossi i limiti di età imposti alle partecipanti in seguito a una veemente ondata di proteste contro l’ageism, la discriminazione basata sull’età, la battaglia più sentita di quel breve periodo. Di conseguenza, diverse americane ultraottantenni con comprovate abilità intellettuali ed emotive sono state ammesse al concorso, e i giudici proprio non se la sono sentita di passare per reazionari fautori della discriminazione, e dunque hanno assegnato premi a mani basse alle più vecchie (c’è stato anche un focolaio di protesta, subito sedato, fra le concorrenti più giovani, secondo cui si trattava di un flagrante caso di ageism al contrario. La commissione ha risposto con un dettagliato report in cui si spiegava che ci sarebbe voluto molti anni e decenni di deliberati favoritismi verso gli anziani per sanare i torti del passato e ripristinare una situazione di effettiva uguaglianza). Tutto questo fermento ha anticipato l’adeguamento dei pronomi, avvenuto negli anni Trenta, per andare incontro alle esigenze delle concorrenti female bodied che s’identificavano come uomini o più semplicemente rifiutavano come oppressiva la convenzione binaria del genere. Miss America è diventato Mx. America, e per regolamento i concorrenti dovevano essere chiamati con il pronome “they”, anche quelli che che professavano la coincidenza di sesso e genere. Da lì è stato naturale e inevitabile ammettere nel concorso anche i transgender. Dapprima le iscrizioni sono state aperte alle donne transessuali operate, poi anche a quelli che non avevano fatto il cambio di sesso per via chirurgica, infine a tutti quelli che avevano imbastito una qualche forma di cambio della sessualità, non importava in quale direzione, con quali mezzi e a quale stadio del processo. Negli anni Quaranta, gli anni della contestazione maschile, Mx. America ha recepito lo spirito del tempo e ha fatto un profondo esame di coscienza, dal quale è emerso che a lungo il concorso è stato uno strumento di oppressione nelle mani del matriarcato, ipocrisia inaccettabile per un’istituzione che si proclamava come l’avamposto dell’inclusività e allo stesso tempo relegava i maschi in competizioni improbabili e umilianti come Mr. United States. La travolgente ondata del movimento #YouToo ha completamente cambiato il volto del contest più amato d’America, e la coscienza di un intero popolo ha avuto un sussulto di maturità quando, nella storica estate del 2048, gli attivisti della riscossa maschile hanno protestato fuori dalla sede del concorso, dando fuoco a reggiseni, mutande, capi di lingerie varia, vibratori e altri oggetti erotici che simboleggiavano il potere del matriarcato, saldato in un’alleanza ormai inscindibile con il transgenderato. Per la verità, i manifestanti non hanno bruciato davvero i succitati oggetti, perché i responsabili delle proteste hanno valutato che la combustione non sarebbe avvenuta nel rispetto delle vigenti norme di sicurezza, e avrebbe potuto mettere in pericolo le persone, attrarre migliaia di querele, com’era normale in quei casi, e infine nuocere alla causa. I commentatori più anziani ed esperti, che dopo l’ondata ageista occupavano in lungo e in largo le redazioni, hanno ricordato che l’episodio riportava alla memoria quello che era successo nell’estate di ottant’anni prima, quando le femministe della seconda ondata avevano messo in scena il “rogo dei reggiseni” ad Atlantic City per protestare contro quello che, una volta, era qualificato come “concorso di bellezza”. Quando anche la controrivoluzione maschile è stata incorporata nell’epopea di Mx. America, il concorso s’è mosso verso nuove affermazioni identitarie.
Nella storica estate del 2048 gli attivisti della riscossa maschile hanno protestato fuori dalla sede del concorso, dando fuoco a reggiseni
Le sette donne e i due uomini che compongono la commissione hanno stabilito che non si parlerà più di “sfilata” ma solo di “competizione”
Questa profezia un po’ stralunata non è il frutto della pura fantasia. Per considerare una (vera) notizia di cronaca, estrarne il principio ispiratore e spingerlo fino alle sue estreme conseguenze. La notizia è che questa settimana la commissione di Miss America ha annunciato l’abolizione della tradizionale sfilata in bikini, simbolo dello sfruttamento del corpo femminile in evidente contraddizione con lo spirito del #MeToo. Gretchen Carlson, il capo della commissione, che a sua volta è stata incoronata Miss America nel 1989, ha spiegato: “Non vi giudicheremo per il vostro aspetto esteriore” ma potremo “mostrare al mondo chi siete come persone dall’intimo della vostra anima”. Nell’illustrare la storica riforma, ha detto che “ora siamo aperte, inclusive e trasparenti. Voglio ispirare migliaia di giovani ragazze in tutto il paese a iscriversi e diventare parte del nostro programma. Non vi giudicheremo per il vostro aspetto, perché siamo interessate a scoprire cosa fa di voi ‘voi’”. Quello che ci interessa, ha concluso, “è quello che esce dalla vostra bocca”. Dal prossimo anno il concorso che dal 1921 incorona la ragazza americana più bella premierà quella più bella dentro, e si presume che sarà specificato strada facendo il modo in cui, esattamente, questa bellezza interiore verrà esibita e valutata, ma eliminare la sessista parata in costume da bagno è stato considerato all’unanimità dagli organizzatori un buon inizio. Si è diffuso istantaneamente l’hashtag #byebyebikini, lanciato e retwittato da miss America recenti e remote, sostenuto da attiviste del #metoo, ricevuto diffuso da politici, attori e membri del jet set di ogni genere. Le sette donne e i due uomini che compongono la commissione hanno stabilito che non si parlerà più di “pageant”, la sfilata – concetto maschilista – ma si tratterà di una più neutrale “competizione”. Carlson ha avuto la cura di specificare che non si tratta di una riforma arbitraria, ma di una decisione che aderisce come un guanto alle battaglie del tempo corrente: “Stiamo vivendo una rivoluzione culturale nel nostro paese, con le donne che trovano il coraggio di farsi sentire”. Si potrebbe dire “è la rivoluzione culturale, bellezza”, ma significherebbe cedere allo stereotipo interiorizzato della bellezza fisica, esteriore, materialista, sessista, patriarcale e oggettificata. Un altro provvedimento è stato preso in questo decisivo momento di svolta: non sarà più obbligatorio indossare l’abito da sera nella tradizionale sfilata. Le ragazze potranno scegliere abiti che “le fanno sentire a proprio agio, esprimono il loro stile personale ed esibiscono la loro speranza di avanzare verso il ruolo di Miss America”, che a questo punto diventa un incrocio fra un’ambasciatrice di buona volontà dell’Onu e una istruttrice di yoga. E non importa se è di aspetto gradevole, se è vestita bene, se è attraente. Essere Miss Bella Dentro è una condizione dell’anima, ma là dentro chi può davvero guardarci? La riforma, anzi la rivoluzione, del concorso di bellezza contiene almeno due cortocircuiti: uno ontologico e l’altro culturale. Il primo riguarda la natura stessa dell’oggetto in questione: un concorso di bellezza che non è basato sulla bellezza delle concorrenti è un po’ come una partita di calcio senza pallone. Un’attività certamente creativa, ma alquanto assurda. E non è che il senso dell’evento fosse stato proditoriamente nascosto alle ragazze che ogni anno si iscrivono. Come ha scritto Piers Morgan in un editoriale di sconcertante ragionevolezza: “Il sogno delle concorrenti è sempre stato piuttosto semplice: essere premiate come la ragazza più bella d’America. Non stanno cercando di diventare il miglior neurochirurgo d’America; se quello fosse lo scopo, s’iscriverebbero a neurochirurgia”. Si tratta di tautologie, di ovvietà ricavate con osservazioni elementari che non ci sarebbe bisogno di ripetersi, senonché l’interiorizzazione del patriarcato, figliastra di Freud, lavora nell’ombra del subconscio collettivo, e dunque occorre decostruire la struttura della realtà per poterla individuare e debellare. Contraddire l’evidenza è la strada scelta da Miss America per liberarsi dall’oppressione. Il secondo cortocircuito è quello che, attraverso la riforma del concorso, inneggia a un ritorno al puritanesimo. C’è stato un tempo in cui il bikini, la minigonna, l’esibizione libera e consapevole del corpo femminile era un segno supremo della liberazione sessuale dopo l’oscurantismo delle gonne lunghe e dei costumi da bagno coprenti. Si è scoperto però che tutta questa godereccia licenziosità che andava a braccetto con l’empowerment femminile non era sufficiente a buttare giù le sofisticate strutture di potere erette dal maschio: era sempre lui il regista occulto di esibizioni di oggetti sessuali fatte a misura della sua libido, dove le partecipanti non sono più libere di un sonnambulo che vaga inconsapevole nella notte. E allora addio gonne corte, #byebyebikini, in soffitta gli abiti provocanti, l’abbigliamento stereotipato e fuori l’armamentario del neopuritanesimo e della mortificazione, strumenti di un’oppressione buona perché autoimposta. Il tempo trarrà le conseguenze dei paradossi di questa rivoluzione culturale.
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