Governo del cambiamento, si vede anche allo Strega
Il Ninfeo era il regno dell’imbucato, democrazia diretta. Ora è ipoglicemia per la stampa e mattanza per le “Sòre”
Ha vinto una donna, ha vinto un’indipendente. Tutto benissimo, allo Strega dell’era grillina. Giovedì sera ha vinto la settantaduesima edizione del premio Helena Janeczek col romanzo “La ragazza con la Leica”, marca che nessuno pronunciava correttamente, e però tutti entusiasti sia per la vittoria muliebre, in piena temperie #MeToo, sia per il premio andato per la prima volta a una piccola casa editrice, la sofisticata Guanda (ma del colosso Gems). Governo del cambiamento, si vede anche allo Strega. Soprattutto ci si accanisce sui giornalisti, blindati nella solita saletta stampa che pur sotto gli affreschi cinquecenteschi dell’Ammannati è buia e deprimente come un convegno all’Ergife.
Nel cibo poi si consuma la vendetta sui cronisti: mentre agli invitati vengono servite leccornie sedute (polpettine di pesce, paste al forno gattopardesche), ai cronisti camerieri efferati buttano lì teglie di gnocchi alla romana e insalatone di riso: solo una volta, poi non vengono rimpiazzate. Dopo le ventidue i cronisti vagano famelici assistendo allo sfarzo dei tavoli editoriali. Vi è certamente un disegno (forse parallelo a quello di Crimi sui contributi alla stampa): decimare la categoria, inducendola anche all’alcolismo. Se ci è infatti inibito il cibo, è invece molto incoraggiata la bibita. I due bar ai lati esterni del Ninfeo sfornano beveraggi e cocktail anche fortissimi senza requie. Dopo un po’ i giornalisti li riconosci perché barcollano biascicando parole sconnesse.
Lo Strega dell’epoca grillina, ritornato per il secondo anno al Ninfeo dopo la parentesi high-tech all’Auditorium, istituendo questa feroce distinzione alimentare involontariamente elimina pure la parte più entertainment della serata, che infatti sfila noiosissima tra conteggi, vincitori dell’anno scorso, stanche interviste Rai. Essendo stato abolito il buffet ai due lati del Ninfeo, è venuto meno quell’antichissimo rito tribale che era l’assalto al carboidrato. Ispiratore anche della “Grande bellezza” con la soggettiva sul cameriere che si prepara al corpo a corpo con le folle interclassiste. I camerieri dello Strega, si è sempre pensato, dovevano provenire da corpi speciali, forse imprestati dal Mossad o dalla vicina ambasciata di Israele, per la criticità del compito antisommossa. Adesso le gomitate, le corse, gli spintoni: tutto svanito. Tutto è più composto, anche a causa del rigido protocollo con codice di accesso inflessibile (un tempo il Ninfeo era il regno dell’imbucato, della democrazia diretta). Uno non vale più uno allo Strega. Anche qui, però, si cancellano le tradizioni e viene meno il servizio pubblico: si portavano ogni anno infatti amici di passaggio a vedere i consueti freaks (potendo assistere a un solo frame di romanità, era evidente che lo Strega meritasse il primato, con i gessati, i chirurghi, le tinture di capelli, i gioielli, le cofane). Invece oggi la selezione all’ingresso ha decimato soprattutto quella genìa tipica che allignava soltanto qui: le leggendarie vecchie dello Strega.
Sòre particolarissime, tra generone e nobiltà, mai riemerse dopo i telefoni bianchi, forse ancora in confidenza spiritistica con Edda Ciano, vestite un po’ tipo Vittoria Leone (sui toni del kaki, con molte tasche, occhiali con catenella, onorificenze). Molto scollate e molto basse. Una species rarissima che usciva solo il primo giovedì di luglio in una misteriosa transumanza, complice l’umidità dei luoghi e forse i transiti stellari. Quest’anno il fenomeno non si è ripetuto. I più cinici sostengono trattarsi di ricambio generazionale (decessi). Altri vituperano il climate change: non c’era infatti l’altra sera la consueta micidiale cappa dovuta a umidità più riflettori Rai. Cambiato il microclima, le vecchie dello Strega, forse indispettite dal ponentino, quest’anno non sono uscite dalla tana. C’era solo una famosa coppia coi capelli untissimi, e stesso taglio, lui e lei (molto importanti, salutati da tutti). Venuto meno lo spettacolo da National Geographic, il cronista in ipoglicemia non sa che fare tra digiuni e votazioni. Tutti ci si butta così sulla vera vincitrice morale della serata, Franca Leosini, che con le sue chiome marmorizzate dispensa selfie da dea etrusca. Poi si arranca sulla via Flaminia: in cerca di una pizza.
Politicamente corretto e panettone
L'immancabile ritorno di “Una poltrona per due” risveglia i wokisti indignati
Una luce dietro il rischio