Quant'è bello un Ferragosto allegro e affollato di pupi, Martini e chiacchiere
Riflessioni su un articolo di Sartori, che nel 1997 aveva descritto il sovraffollamento del pianeta come lo si vede nelle spiagge di Ferragosto
Se fosse qui, quel vecchio amabile e squillante di intelligenza, gli direi che i figli bisogna farli, quando vengono, non a un turno, non a due turni, ma addirittura a tre turni, se almeno si vogliano salvare la repubblica demografica e la specie umana, problema degli esausti europei e a quanto pare anche dei già formicolanti cinesi. Giovanni Sartori, che da un anno non ci assiste più con la sua delizia di provocateur, nel 1997 aveva scritto, e il Corrierone ha ripubblicato ieri, un articolo delizioso sul sovraffollamento del pianeta come lo si vede nelle spiagge di Ferragosto e giorni circonvicini, e aveva fatto appello a Santa Finìmola per mettere un argine al carnaio che, in immagine ficcante, gli impediva di godere il mare non dico in solitudine ma certo senza il fastidio della quintupla fila di ombrelloni, di pupi, di babbi e mamme, di zie e zii e nonni con contorno di secchielli, palette, gridolini, sciacquettii intrusivi della pax natandi, file automobilistiche interminabili per raggiungere agognate località, musica a palla e – oggi si aggiunge puntuale – il sonoro di una marea di penose e disutili conversazioni via cellulare da bagnasciuga o battigia, tra le quali le mie.
Per oltre vent’anni, coincidenti con il periodo che ci separa da quell’articolo, ho cercato Lotofagi, Feaci, Ciclopi in una piccolissima Odissea in barchetta, sbarcando su spiagge solitarie nel Mediterraneo, dondolandomi con la ristretta cerchia dei miei cari, improvvisatasi equipaggio, in baiette tranquille e navigazioni di piccolo cabotaggio ma sempre al largo della folla, niente ingorghi, niente bambini, solo cani. Ero sartoriano senza saperlo, malgrado ogni dissenso politologico. Di quel camper omerico non rinnego nulla, inesprimibili bellurie mi si sono schiuse e le ricordo tutte, a una a una, come gli esotici capi e le isole ai quali mi sono allineato. Questa estate ho riscoperto ombrelloni, terrazze organizzate, ristoranti di mare, cicaleccio di famiglie, una discreta quantità di pupi e di pupi parecchio invecchiati, come me, in una località tirrenica a un’ora e mezzo da Roma. Gestione commerciale misurata e elegante, nessun sovraffollamento, e alla mattina presto poi, come mi accadde lo scorso settembre in San Marco, Venezia, il brivido della solitudine addirittura, una specie di controra della felicità appena socializzata, ridente e chiacchierina in virtù di antiche amicizie e altre amabilità, in attesa di un Martini a mezzogiorno, uno solo tranne eccezioni, prima del pasto e del successivo rientro nel buen retiro. Nel mio agosto italiano e famigliare il dolce rumore dei porti greci e turchi è solo una eco lontana. Leggendo Sartori ho visto che aveva ragione, siamo sei miliardi e più ormai, compreso il torso nudo del Truce (anzi, mi dicono “coloro che si occupano di numeri”, formula ultrasnob impiegata dal Patriarca Bartolomeo in una intervista al Foglio, che ad aprile eravamo 7 miliardi e seicento milioni di quasi umani). I vecchioni sono quasi tutti all’appuntamento, perché c’è il welfare nonostante tutto, i miei coetanei sono nonni amorevoli e devoti, forse cristiani anonimi come diceva il teologo Rahner, il pupo italiano scalpita e rumoreggia senza esagerare, niente a confronto con la quantità di pargoletti sulla spiaggia di Sidi Bou Said, ma verranno anche loro e si batteranno a torso nudo con Salvini.
E’ molto complicato, ma sopportabile, questo abusivismo generalizzato. L’acqua dolce che “già manca”, Sartori scripsit, fluisce ancora e se ne spreca parecchia, e comunque ci si può dissetare col Martini. Alla memoria di quel grande continuo a inchinarmi, i relativisti intelligenti e i pensatori logici della contraddizione hanno progenitori seri, altro che 1 e 2, ma da assolutista, leggendolo, mi sono detto che se in spiaggia fossimo il doppio si starebbe scomodi, sì, non lo nego, ma la soluzione contraccettiva e eutanasica, tentazione inevitabile delle persone intelligenti, ha un timbro di finale di partita che non si combina bene con un Ferragosto allegro e affollato.
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