L'amore ai tempi dell'antipolitica
Essere figli, mariti, fidanzate e amanti di chi governa non è mai stato tanto difficile
Il conto più salato delle marachelle coniugali di certi signori, specie se politici ammogliati, lo pagano le loro amanti. E questo, insieme ai costumi da bagno a vita alta, è quello che ci rimane degli anni Cinquanta. Boris Johnson è riuscito a mandare all’aria anche il suo secondo matrimonio e i giornali inglesi si sono riempiti di coloriti dettagli sulle sue abitudini malandrine, riportate in un dovizioso faldone di quattromila parole che – ne dava notizia il Sunday Times qualche giorno fa – è circolato per Westminster suscitando parecchi oh my god. Naturalmente, la trasmissione del dossier delle vergogne ai giornali ha insinuato il sospetto che si sia trattato di una mossa di Theresa May per screditare l’ex ministro degli Esteri o, peggio, di un complotto per ledere la reputazione di entrambi e architettato da un terzo non meglio identificato soggetto. A corredo del racconto di questa trama, i giornali hanno utilizzato l’immagine di Carrie Symonds, presunta amante di Johnson (e probabile causa del suo divorzio, assai più di festini, cocaina e panza), piazzandola in prima pagina e sopra o sotto tutti i titoli a lui dedicati, come fosse il suo avatar, come fosse lui, lasciando che ne incarnasse e animasse le malefatte.
“L’aiutante bionda di Johnson si veste come Britney Spears”, ha scritto il Sun sotto una foto di Symonds a una festa studentesca di undici anni fa (il passato della ragazza è stato indagato, romanzato e violato peggio di quello che si fece con la vita privata di Ingrid Bergman quando, per stare con lei, Roberto Rossellini piantò in asso – e anche in codardissimo, malo modo – Anna Magnani). Lei che ride tenendo un bicchiere di vino in mano, lei che strizza l’occhio, lei che se la sghignazza, lei, sempre lei: in prima pagina, in seconda, in ultima, ovunque si sia scritto di lui, c’era la faccia di lei. La festaiola. La biondina furbetta. L’arrampicatrice sociale che “una volta ha recitato un testo scritto da un occultista satanista” (notiziona del Daily Mail). E’ stata fatta a pezzi lei e lasciato intatto lui. Il #metoo non s’è insolentito, ma l’Huffington Post e il Guardian hanno fatto notare la discrasia e, soprattutto, hanno denunciato il sessismo che intride la vicenda. Fosse solo il sessismo.
Due giorni fa, alcuni attivisti del gruppo anarchico Class War si sono appostati davanti all’abitazione di Jacob Rees-Mogg (odiatissimo parlamentare euroscettico) e, mentre sua moglie e i suoi figli rientravano in casa, uno di loro ha urlato al più piccolo: “Tuo padre è una persona orribile”. Il figlio di Rees-Mogg e Carrie Symonds pagano, per ragioni diverse e in modi diversi, il semplice fatto di essere parenti e intimi di due uomini politici molto esposti e questa è storia antica, una delle più antiche del mondo. Margaret Thatcher disse una volta che, se avesse potuto tornare indietro, avrebbe cambiato strada e carriera “per via di quello che la politica fa alla tua famiglia”. Questo tempo, così pieno di ricatti, di scuse, di potere al popolo dell’indignazione, aggiunge a questo vizio antico un intento platealmente intimidatorio. Quando Matteo Salvini parla “in quanto padre” mostra contezza lucida e piena non solo del fatto che la rassicurazione massima, nell’immaginario popolare, la offre ancora la figura genitoriale (meglio se paterna), ma pure di come i politici vengano giudicati a partire da chi hanno intorno. E’ il cascame culturale della riduzione della distanza tra cittadini e loro amministratori: cliché da aperitivo come “Dio li fa e poi li accoppia” o “le persone si capiscono dalle scarpe che indossano e da chi frequentano”, hanno istruito nuovi (unici?) criteri di giudizio di chi fa politica.
Succede così che non solo, per un ministro, diventa insostenibile avere un figlio, un marito, un amante, ma pure che per un figlio sia insostenibile che suo padre ricopra una carica pubblica – a meno che non lo faccia assecondando capricci e morbosità e pruderie di chi non pagherà mai le conseguenze di niente, neppure del minacciare così chi lo rappresenta: “Se non righi dritto, ti faccio odiare da tuo figlio”.
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