Il duomo di Palermo (foto Pixabay)

La rinascita di Palermo

Giuseppe Fantasia

Un documentario su Sky Arte, la biennale d'arte Manifesta, festival, spettacoli. Nonostante le sue manchevolezze la città “sta tornando a guardare il suo mare”. E piace, a palermitani e non

Palermo. Quello tra il mare e e la città è un rapporto ancestrale che riguarda il nodo fondativo con cui ha inizio la sua storia, quando, nell'ottavo secolo a.C. la prima nave fenicia attraccò alla foce siciliana dove fu insediato il modello urbano. Nonostante Palermo sia un'isola, il mare è lontano, bisogna andarlo a cercare e nei suoi confronti c'è stima e diffidenza. “La città gli ha voltato le spalle”, disse Sciascia; l'acqua e la terra si guardano, ma più che amore c'è una diffidenza che deriva da secoli, da incursioni piratesche molto presenti, e dal fatto che proprio quel mare fosse portatore di migranti, oggi però perfettamente integrati a detta del sindaco Leoluca Orlando.

 

“Ci hanno fatto scoprire i nostri diritti, non sono mille o diecimila, perché chi vive a Palermo è palermitano”, spiega, orgoglioso di aver trasformato la capitale della mafia nella capitale della cultura, lo stesso sindaco che tre anni fa, prima di essere eletto al secondo mandato, approvò un documento (la Carta di Palermo) per la libertà di mobilità dell'uomo. “Oggi la città sta tornando a guardare il suo mare, il Mediterraneo, di cui è sempre stata protagonista”, spiega lo scrittore Roberto Alajmo, autore di un libro bestseller con un titolo - “Palermo è una cipolla” (Laterza) – che descrive perfettamente la conformazione di quella città fatta a strati “dove ogni volta che ne sbucci uno, ne resta un altro da sbucciare fino a farti scoprire che non sempre il cuore è meglio della buccia”, ma poco importa, perché tanto “il gusto della novità resta intatto”.

 

Alajmo, assieme ad altri due scrittori, Giorgio Vasta e Simonetta Agnello Hornby, con storici, curatori e collezionisti d'arte, tra cui Massimo Valsecchi, proprietario dello splendido Palazzo Butera acquistato grazie alla vendita di un Richter - ha dato la sua testimonianza in “Palermo Capitale del Mediterraneo”, il documentario diretto da Giovanni Caccamo, scritto da Filippo Nicosia e prodotto da Ballandi Arts in esclusiva per Sky Arte.

   

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“Oggi la città sta tornando a guardare il suo mare, e non solo quello”, tiene a precisare Orlando. Fino al 4 novembre prossimo c'è Manifesta – la biennale nomade europea di arte contemporanea fondata ad Amsterdam da Hedwig Fijen dodici anni fa – e, di recente, c'è stato il Festival di Sky Arte, due giorni dedicati alla cultura, alla musica, alla danza, alla letteratura e –ovviamente – all'arte, con eventi, presentazioni, e spettacoli ospitati in alcuni dei luoghi più suggestivi, dal Teatro Al Masssimo (con Brunori Sas) al Teatro Garibaldi, dall'Orto Botanico (indimenticabile la lezione-concerto di Stefano Mancuso basata sull'idea che le piante siano esseri cognitivi) a Santa Maria dello Spasimo, che hanno fatto registrare una presenza di quasi cinquemila persone. Lo Spasimo, alla Kalsa, già contentitore di macerie dopo i bombardamenti tedeschi, ex lazzaretto ed ex meretricio che prende il nome da “Andata al Calvario”(1517), noto anche come “Lo Spasimo di Sicilia” di Raffaello Sanzio (foto sotto), è oggi un polo d'attrazione rifiorito nei giardini del Foro Italico, uno dei nuovi punti di aggregazione e produzione culturale cittadini, un edificio da visitare al mattino come al tramonto, quando le luci e i colori (il rosa soprattutto, il suo colore-simbolo), ve lo faranno apprezzare al meglio.

  

  

I rumori, le voci, la musica, l'acqua delle fontane, i fritti in grande quantità come i dolci scorrono nelle immagini del documentario dedicato a quel cuore pulsante del Mediterraneo che, nel tempo, ha subito molte dominazioni da diversi popoli, ognuno dei quali ha lasciato tracce del suo passaggio, creando così un variegato patrimonio artistico e culturale unico al mondo riconosciuto anche dall’Unesco. Uno dei tanti esempi è dato dalla Cattedrale, mix tra pietra e marmo, tra civiltà e convivenza. Su una colonna sottile, la prima a sinistra dell'ingresso, si trova un'incisione con i versetti del Corano, un vero e proprio tatuaggio sulla pelle della città che dimostra che Palermo ha sempre accettato le varie religioni e che Maometto e Santa Rosalia hanno entrambi la stessa importanza.

 

Lì, in quel posto sacro, come nei tanti e diversi quartieri della città, guardata dall'alto dal Monte Pellegrino, un bisonte sgraziato che la protegge. Palermo è così, è porosa, è una porta indefinita che accoglie chi arriva come chi, a un certo punto, torna. “E' una città-mosaico cangiante e multiforme, crocevia e convivenza di culture diverse tra loro” - ci spiega il sindaco - “una città con gente pacifica,libera, edonista e fiera”. Guai a fargli notare che c'è quella che Alajmo chiama “regola formale”, la non contaminazione di antico e moderno la cui diretta conseguenza, in centro come in periferia, è un imperante abusivismo edilizio. Da sindaco e da palermitano, difende la sua città che – spiega - si può apprezzare solo sei si hanno gli occhi di un insetto”. “Chi non ce li ha, nota solo le buche e le sue mancanze”. “I palermitani sono cambiati di testa”, aggiunge prima di salutarci, ma poco dopo arriva la notizia che una giornalista di un programma tv con la sua troupe è stata aggredita da alcune famiglie che occupavano abusivamente degli appartamenti. La colpa, però, non è del Comune, perché “quello stabile non è di sua proprietà”. In ogni caso, nonostante le sue manchevolezze e i suoi problemi, Palermo piace, a palermitani e non.

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