La rivista patinata che racconta le signore della middle class
Non incita, non sprona e non è manifesto di niente. The Gentlewoman si batte contro lo spirito del tempo
Roma. The Gentlewoman esce in edicola due volte all’anno da quasi dieci anni, costa 45 euro (il primo numero, battuto all’asta su eBay, è stato comprato per centinaia di dollari), viene distribuito in tutto il mondo. “È la sola rivista di moda che davvero conta”, ha detto Inez Van Lamsweerde, fotografa con un certo pedigree, però di casa soprattutto a Condè Nast – a proposito, un pettegolezzo: Penny Martin, editor in chief di The Gentlewoman, è una delle poche editor al mondo che, pur essendo fuori dalla famiglia Vogue&Co, si vede riservati gli stessi privilegi mondani di una di casa.
A The Cut, Martin ha spiegato che The Gentleman tenta di fare l’opposto di quello che fa la stragrande maggioranza delle riviste di moda: se ne frega dello spirito del tempo, delle sue isterie, delle sue iperboli. Non accondiscende a nessuna delle recenti ossessioni pedagogiche, resilienti, resistenti. Non incita, né sprona a niente chi la legge. Non è manifesto di niente. “Rendiamo le donne ordinarie attraenti”.
Come? Mette in copertina il primo piano di Beyoncé, di Zadie Smith, di Adele, di Sofia Coppola e non è mai un primo piano da Time, da icona inspiring: è sempre un ritratto di quelli da scrivania, di quelli che abbiamo tutte, da qualche parte, perché tutte abbiamo avuto un grande amore o un grande amico che una volta ci ha fatto una fotografia che coglieva perfettamente il nostro grado di confidenza con le cose intorno a noi. The Gentlewoman racconta le donne come le signore si raccontano all’ora del tè: niente di troppo intimo o personale, le tappe del quotidiano, le cose normali, ma che bella la tua collana, questo twin set ti sta un incanto, sta per piovere, sta per arrivare l’estate, ho letto sulla Paris Review l’anteprima di un libro che adoreresti.
Le gentlewoman sono interessanti per i lettori perché, dice Martin, il modo in cui vengono raccontate accorda loro “il permesso di essere ordinari”. Nessuna storia di eroismo, nessuna avventura: nelle pagine di The Gentleman c’è solo la narrazione dello sguardo femminile sulle cose. È un inedito assoluto, per una rivista che rivaleggia in un panorama editoriale dove mai come ora si fa una fatica bestiale a sganciarsi dal giornalismo che, per rincorrere lettori, li accondiscende e li coccola e li potenzia e li carica; si fa una fatica bestiale a tenere a mente quella frase di Coco Chanel, non importa quanto abusata, che dice: “La moda è fatta per rimanere fuori moda” (povera Coco, le è toccata la stessa sorte di Jim Morrison).
Da Vogue a Cosmopolitan è tutto un vendere ninnoli, strategie, specchi riflessi, soluzioni, bignami. The Gentlewoman, invece, non entra nella vita di chi lo legge: resta in superficie e regala pagine che si occupano di stile e buongusto. Se lo può permettere perché ha un pubblico di soli adulti o, meglio, perché è solo agli adulti che si è sempre rivolta. “Sin da piccola, la gioventù non mi ha mai appassionata. Ascoltavo mia madre e le sue amiche parlare di divorzi e guardare Dallas e volevo essere come loro”.
Lo vedete da voi: è la buona borghesia, quella media e medio alta, quella che ci viene raccontato, ogni giorno, essere in rovinoso subbuglio, in inarrestabile impoverimento e che, per questo, avrebbe perso il piacere della stabilità, del tè pomeridiano, della signorilità pacata, magari un po’ ipocrita, o forse soltanto un po’ compiaciuta del suo immobilismo, del suo equilibrio e del suo dominio sulle cose. Quel dominio che è signoria delle urla e che, santo cielo, quanto ci manca. Ci mancano le signore borghesi in tailleur, si può dire? E’ un sollievo sapere che esistono ancora e continuano a comprare riviste patinate dove non ci sono che sguardi e completini e lettere sul superfluo. Ci salveranno anche le signore, mica solo le ragazze.
generazione ansiosa