L'elite parallela
Trasversale per età e interessi, aperta al mondo, libera e competente. E’ l’anima delle ultime tendenze nella musica, nella moda, nel design
Tendenza creativa trasversale numero uno identificata dalla multinazionale della ricerca Wgsn e presentata tre giorni fa al primo convegno organizzato alla Triennale di Milano dall’associazione delle imprese del lusso, Altagamma: “Comprare meno”, e qui siamo tutti d’accordo, anzi fra queste righe lo predichiamo da anni: meno ciarpame per casa, di migliore qualità, dunque riciclabile, rivendibile in veste di vintage, perfino trasmissibile per testamento, avete presente lo slogan di Patek Philippe, “non si possiede mai completamente. Semplicemente, si custodisce. E si tramanda”. Va preparandosi una società non fondata sull’acquisto e l’accumulo ma sullo scambio e l’esperienza; come millenni fa, con molta tecnologia in più.
Tendenza creativa numero due: “I consumatori hanno più voci”, in parole povere il maschio bianco presunto alfa è stato affiancato da consumatori di etnie, culture e anche religioni differenti da quella cristiana. Molti non saranno felicissimi di leggere che il nuovo saggio di Shelina Zahra Janmohamed “Generation M”, dove la nasale sta per Muslim Millennials, millenial musulmani, è uno dei testi più compulsati dalle direzioni marketing delle multinazionali del lusso, ma bisogna prendere atto della realtà: fra Dubai, il Bahrein e Sharjah viene assorbito circa il 20 per cento della nostra produzione di beni di moda e lusso; il ceo di Gucci, Marco Bizzarri, dice di attendersi a breve anche una vera riflessione sui modelli di consumo di quella che definisce la “generazione C”, dove la velare sta per Cina, il paese in cui il brand realizza il 35 per cento del proprio fatturato. Il gusto va definendosi sempre più come ambi-culturale, e lo sappiamo anche noi quando festeggiamo Ognissanti portando in tavola senza soluzione di continuità sushi e pane dei morti.
Secondo una ricerca, va preparandosi una società non fondata sull’acquisto e l’accumulo ma sullo scambio e l’esperienza
Terza tendenza: “Assumersi rischi”. In questo caso, il modello di riferimento è Lady Gaga e la sua prova attoriale per la nuova versione di “E’ nata una stella”: performance discreta, ma in effetti pericolosa per una che fino all’altro ieri evocava il potere dell’inespressività, la poker face, mascherandosi sotto chili di trucco e abiti cuciti nella carne cruda. Il quarto modello in ascesa secondo gli analisti di New York risponde invece alla definizione “stabilire collaborazioni inattese”, e i principali esempi apportati sono la partnership fra Balenciaga e il World Food Programme (forse dovremmo essere più cinici, ma sfoggiare una t-shirt griffata con il logo dell’ente a 295 euro, benché a fine benefico, ci imbarazzerebbe un po’), e la linea di prodotti video e audio “Frekvens” di Ikea, sviluppata pochi mesi fa dal colosso dell’arredo con un gruppo di creativi adolescenti.
Il tema della trasversalità e dell’annullamento di ogni barriera – anagrafica, di genere, di cultura e di religione – è talmente centrale negli scenari futuribili di ogni entità sovranazionale, o per meglio dire di ogni istituzione e centro di ricerca lontano dal pensiero asfittico che domina il nostro paese di questo periodo, da rendere davvero interessante, per non dire unico, anche un caso in cui ci siamo imbattuti in questi giorni e che riguarda invece una collaborazione musicale fra il virtuoso del violino e direttore d’orchestra Franco Mezzena, e la giovane trombettista Marianna Musotto. Con il pianista Stefano Giavazzi, hanno inciso per l’etichetta Corrado Productions l’album “Metamorphosis”, una serie di rivisitazioni di colonne sonore di film famosi come “The way we were” e “La vita è bella”, e vanno diffondendole in questi giorni su YouTube, l’unico mezzo rimasto oltre ai concerti per raggiungere un pubblico vasto, cioè interessato a volti e luoghi oltre che ad armonie e fraseggio: essendo il set (o, come si dice in gergo, la “location”) interessante quanto gli interpreti, i like sono già migliaia, e il famigerato pollice verso contenuto a un solo caso, si presume dell’interprete lasciato fuori dal gruppo. La trasversalità del trio, pianoforte, violino e tromba, sarebbe già abbastanza inconsueta se non vi fosse l’elemento femminile solista, la voce narrante delle melodie, a renderla del tutto unica. Duole dirlo, da donna soprattutto, ma ancora nel 2018 vedere una trombettista di sesso femminile è fonte di meraviglia. Ne è cosciente, e non potrebbe essere altrimenti, anche Musotto, che a trentuno anni, di cui una decina trascorsi fra master class e ingaggi internazionali, compresa una stagione come prima tromba all’orchestra dell’Opera del Cairo, studi con la prima tromba dei Philharmoniker di Berlino, Gabor Tarkovi, e un contratto con Price Rubin America come solista fresco di firma, ha scelto di tornare nella sua Palermo di nascita. Scelta d’affetto (“mi mancava la mia famiglia”, dice), ma piuttosto singolare, se si considerano le fatiche, le espressioni e gli atti di misoginia subiti da questa bella ragazza forte in un’Italia così diversa dal mondo che è venuto a raccontare Wgsn alle sue stesse élite industriali e che lei stessa rivela (“discriminazioni al Cairo? Assolutamente no, suonavo in una compagine internazionale”, e appunto). Nelle sue esperienze fino a oggi, Musotto racchiude infatti quasi tutte queste “tendenze” globali evidenziate dallo studio commissionato da Altagamma e in genere da tutti i grandi osservatori, e queste caratteristiche la rendono molto lontana dalle esperienze dei suoi coetanei e dalle loro piccole ambizioni: il lavoro a tempo indeterminato identico per tutta la vita; la casa di proprietà vicino a mamma per le future esigenze di babysitteraggio; il lavoro entro i cinquanta chilometri come reddito di cittadinanza lascia presagire e anche meno se possibile, anche molto meno; insomma vite vissute con i paraocchi e le emozioni passate precauzionalmente nell’abbattitore, oggetto del desiderio di tutte le nuove coppie che sognano di mostrare i prodigi della loro cucina casalinga in televisione.
Fuori dall’Italia che va costruendo “il governo del cambiamento” in peggio, ma persino dentro e al di sotto delle Alpi, in questo paese di cui l’Istat fotografa un aumento del 120 per cento di matrimoni multietnici negli ultimi sedici anni, esiste e va rafforzandosi un’élite parallela, multiculturale per età e interessi, che da questa trasversalità trae forza e l’obiettivo di cambiare almeno un po’ il mondo. Che nutre obiettivi e ambizioni oltre il raggio dei cinquanta chilometri. Ne ha parlato a lungo Philippe Starck nel suo intervento alla “Davos della creatività”, come è subito stata ribattezzata l’iniziativa di Altagamma, indicando lo sviluppo progressivo, molto evidente nella moda e nel design, di un mondo che non ha configurazioni o divisioni geografiche, ma puramente culturali, e che sopperisce a muri, barriere e divisioni in via di moltiplicazione – la deglobalizzazione mondiale è un fenomeno in atto almeno quanto i tentativi per contrastarla – con l’uso dei social media e della “era Zettabyte”, ufficialmente iniziata nel 2016. Un sistema transnazionale e trasversale a regioni, continenti, sesso di nascita ed età, che ha modo di studiare e di migliorare se stesso per tutta la vita, di confrontarsi con gli altri accogliendone il punto di vista e formando team ed esperienze di lavoro nei quali la competenza è l’unico metro di giudizio e la libertà di pensiero la sola discriminante. Un mondo non necessariamente più ricco o economicamente privilegiato (parte delle newco che vanno studiando la crescita di tessuti alternativi alla pelle animale da batteri o funghi, e dunque il nuovo rapporto fra forma e materia, sono formate da ragazzi che dipendono da sovvenzioni e sottoscrizioni per sostenersi), ma che si veste, si nutre, consuma in modo diverso, dicotomico, rispetto a quello per così dire trumpiano che tenta di riaprire le miniere di carbone o che non si cura dello sfruttamento del lavoro minorile in Bangladesh pur di comprarsi l’ennesima maglietta a nove euro e novanta.
Gli sms di immagini di opere d’arte del museo di San Francisco. Il silenzio e i chicchi di riso alla mostra dedicata a Marina Abramovic
Che questo mondo-laboratorio di sperimentazione e di convivenza sia in grado di influenzare “l’altro” mondo, dipende in gran parte dalla capacità istituzionale e politica di far sì che gli scambi fra le due realtà, i due universi, possano essere frequenti, e le loro applicazioni economiche alla portata di tutti, ma anche e soprattutto comprensibili ed evidenti e non stigmatizzate a fini politici. Fino a quando investimenti in scienza e cultura e interesse per “l’altro” verranno demonizzati dal populismo montante solo come espressione di politiche “radical chic” (ci spiace, non perdoneremo mai Tom Wolfe per averla coniata, pace all’anima sua), e l’idea che il pensiero di pochi vada necessariamente a scapito dei molti, sarà molto difficile che la “dicotomia” di cui parla Starck venga annullata. Gli stessi studi attualmente in corso sullo sviluppo di materiali alternativi a quelli animali, cioè lo sviluppo di tessuti miceliali da sostituire a quelli derivati dall’allevamento e lo sfruttamento animale, si scontreranno con i colossali interessi degli allevatori di animali. Ma dopotutto, come osserva la designer americana Suzanne Lee, che continua a lavorare allo sviluppo biologico dei tessuti nonostante più di un fallimento, “anche la lycra ha impiegato più di cinquant’anni per entrare fra i componenti dei tanti tessuti di cui oggi non sapremmo fare più a meno, il denim elasticizzato per esempio, e non ne abbiamo visto ancora tutti gli sviluppi“. Insieme con la volontà politica, il fattore tempo è infatti fondamentale nello sviluppo e nell’accettazione dell’evoluzione, e la pura speculazione, insieme con il possibile fallimento di ogni utopia, un fattore da prendere in considerazione e accettare. Speri, acronimo di Sheffield Political Economy Research Institute, un istituto di ricerca interdisciplinare con base a Londra, sta lavorando a una piattaforma fiscale innovativa basata sulla comunicazione e la interrelazione fra autorità e cittadini, di cui ha iniziato a dare alcuni accenni durante l’ultima edizione del London Design Festival, al Victoria&Albert Museum. Questo non significa che vedremo la sua applicazione domani mattina, o che mai la vedremo: da questo studio potranno però nascerne altri, o riflessioni interessanti da parte di singoli governi, o suoi adattamenti più facilmente applicabili.
Il tema dell’annullamento di ogni barriera – anagrafica, di genere, di cultura e di religione – è centrale negli scenari futuribili
L’idea utilitaristica immediata di ogni analisi, per tornare alla nostra riflessione sulle macrotendenze del futuro e il caso di questa singola trombettista italiana che sembra racchiuderne così tanti aspetti, pare non faccia parte di quanto gli anni prossimi hanno in serbo per noi. Al contrario, insieme con lo studio e il recupero della dimensione utopica della vita, saranno le emozioni, vissute consapevolmente, a guidare le nostre scelte di vita. Lavorando sul concetto di empatia e benessere mentale, diventati sempre più centrali nelle nostre scelte di vita quotidiana e di acquisto, fosse pure della tisana in bustine al supermercato, gli osservatori internazionali di Wgsn hanno potuto isolare i comportamenti mirati alla loro applicazione. Di questo campo di analisi potrebbero fare parte, oltre a collaborazioni musicali trasversali, come questo album di Mezzana e Musotto, iniziative come il servizio di sms di immagini di opere d’arte lanciato dal Museum of Modern Art di San Francisco, selezionate e inviate a seconda del mood di chi le richiede (in caso foste interessati, si chiama si chiama “Send Me”), o la stanza conclusiva della mostra dedicata all’opera di Marina Abramovic a Palazzo Strozzi, a Firenze, dove i visitatori sono invitati a chiudere cellulare e borsa in un armadietto, a indossare delle cuffie isolanti e a contare e descrivere, a loro piacere, anche solo osservandoli, migliaia di chicchi di riso collocato nell’intercapedine di un grande tavolo. Chi ha il coraggio di farlo, di solito esce dall’esperienza con il sorriso sulla labbra e un piccolo granello di conoscenza in più su di sé e sugli altri. “Enjoy the silence”, come dicevano i Depeche Mode, sapendo quanto il silenzio faccia parte dell’armonia musicale e del suono della vita.
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