L'Istat ci spiega perché gli italiani non fanno più figli
"Non c'è alcun cambiamento culturale. Il problema è che si entra troppo tardi nel mondo del lavoro". Parla Buratta (Istat)
“Il calo della natalità è un'emergenza, ma si può risolvere attraverso politiche mirate”, spiega al Foglio Vittoria Buratta, direttore centrale delle Statistiche sociali e del Censimento della popolazione dell'Istat. L'Istituto nazionale di statistica ha pubblicato un rapporto sui tassi di natalità nel 2017: meno 15 mila nascite dal 2016, 120 mila dal 2008. Ci sono pochi segni di speranza perché il paese rallenti il suo lento invecchiamento. Un precedente rapporto dell'Istat stima un calo delle nascite del 17 per cento da oggi al 2050.
Dottoressa Buratta, il calo demografico è un problema irreversibile?
“Assolutamente no, si può risolvere attraverso delle soluzioni mirate. Bisogna prendere esempio dalle politiche di sostegno nei paesi nordici, in Francia e in Germania. Quest'ultimo è il caso più simile all'Italia: ha avuto una crisi peggiore della nostra ed è riuscito a risollevarsi anche grazie all'immigrazione. Il calo della natalità è un fenomeno che non può essere lasciato a se stesso”.
Quali sono le soluzioni per stimolare le nascite?
“Innanzitutto, variano a seconda del paese. Sono anni che il Giappone investe nelle politiche di natalità, eppure la situazione non migliora. In Italia bisogna puntare sulle misure che conciliano il lavoro e la famiglia per le donne: orari più flessibili, servizi di sostegno, permessi speciali. Da noi troppe donne lasciano il lavoro dopo la nascita del primo figlio.”
L'Italia ha già avuto un'emergenza demografica negli anni Novanta. Come l'abbiamo risolta?
“Abbiamo raggiunto il punto più basso in termini di fecondità nel 1995, era molto peggio rispetto a oggi: le donne avevano 1,19 figli di media. Ci siamo ripresi grazie alla crescita economica e alla componente straniera. L'immigrazione è stato il volano della ripresa. Se aumentano gli stranieri, aumenta anche la platea di donne feconde”.
Eppure molti esperti dicono che l'immigrazione non è una soluzione a lungo termine.
“È vero, perché le donne straniere che si stabiliscono in Italia assumono le nostre stesse abitudini, c'è un'omogenizzazione sociale. Prima o poi il loro tasso di fecondità diventa simile al nostro”.
Ma le donne italiane non vogliono più fare figli?
“No, da noi non c'è stata una perdita culturale del ruolo della maternità. Questo fenomeno lo abbiamo visto altrove, ma non in Italia. Il 98 per cento delle donne in età riproduttiva senza figli vorrebbe averli. Il fatto che ci siano meno matrimoni non influisce sulla natalità. Una larga parte delle nascite vengono dalle coppie non coniugate.”
Allora le cause sono economiche?
“Sono economiche e sociali. Il problema è che il "calendario sociale" non coincide sempre col "calendario biologico". Naturalmente la fecondità ha dei tempi consigliati: è più difficile avere un bambino in età avanzata. Eppure l'età media in cui le donne hanno il primo figlio è cresciuta molto: 31,1 anni contro 30,1 nel 2008. Ci sono molte coppie che convivono e non hanno figli. In molti casi, quando si ha la volontà di avere un bambino la donna non è più feconda. Il motivo è che c'è una procrastinazione degli eventi della vita: ci si sposa in età avanzata, i giovani entrano tardi nel mondo del lavoro. C'è una chiara relazione tra l'autonomia economica e la possibilità di avere figli”.
Eppure, il vostro rapporto mostra che le nascite sono diminuite di generazione in generazione a partire dagli anni Venti del secolo scorso. È un problema strutturale?
“E' una tendenza di lungo termine, ma non nella misura in cui siamo arrivati oggi. Nel secolo scorso le donne facevano anche cinque figli, è normale che la media sia diminuita. Oggi invece siamo scesi sotto la soglia di riproduzione, pari a una media di 2,1 figli. L'intensità del problema è molto maggiore.”
L'aumento dell'aspettativa di vita e il calo della natalità indicano che dovremmo andare in pensione più tardi?
“Questo è un problema non solo italiano. Però è evidente che se si assottiglia la base di chi paga per le pensioni, che a loro volta crescono, si pongono nuovi problemi”.
Politicamente corretto e panettone
L'immancabile ritorno di “Una poltrona per due” risveglia i wokisti indignati
Una luce dietro il rischio