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Culle vuote e frontiere piene. Ma la crisi delle nascite non preoccupa nessuno

Giulio Meotti

La Fondazione Schuman: “Come mai nessuno ne parla?”. Meno figli e più immigrati: ecco lo “choc demografico dell’Europa” 

Roma. “Dove sono tutti i bambini”, si chiede il Washington Post questa settimana in un reportage dalla Grecia post crisi finanziaria. “L’economia greca non incombe più sull’Europa come un pericolo per l’euro, ma il paese sta iniziando a lottare con la prossima fase di pericolo: un calo dei bambini e la probabilità di una Grecia ristretta e indebolita per gli anni a venire. La recessione ha contribuito a produrre la più piccola generazione del Dopoguerra in Grecia”.

 

L’ufficio statistico europeo stima che la popolazione greca di 10,7 milioni diminuirà del 32 per cento. “Entro il 2080 la popolazione del paese potrebbe scendere a 7,2 milioni”. Nel 2017 in Italia sono stati iscritti in anagrafe per nascita 458.151 bambini, oltre quindicimila in meno rispetto al 2016. Nell’arco di tre anni (dal 2014 al 2017) le nascite da noi sono diminuite di circa quarantacinquemila unità mentre sono quasi centoventimila in meno rispetto al 2008.

 

Lo ha reso noto l’Istat dieci giorni fa. Esce adesso un rapporto della Fondazione Schuman, che prende il nome di uno dei padri fondatori dell’Unione europea, dal titolo eloquente: “Europa 2050, il suicidio demografico. “Un silenzio assordante avvolge il suicidio demografico dell’Europa, proiettato per il 2050”, si legge nel documento. “Nessuno cita questi numeri allarmanti, specialmente a Bruxelles, dove la tecnologia, lo sviluppo sostenibile o la transizione energetica sono gli argomenti preferiti”. Per quell’anno, fra trentadue anni, ci saranno undici milioni di lavoratori in meno in Germania, sette in Spagna e otto in Italia. Nello stesso periodo, la popolazione dell’Africa aumenterà di un miliardo e 300 milioni, 130 milioni nel solo nord Africa.

 

“In altre parole, la pressione migratoria sull’Europa sarà più grande che mai!”, spiega lo Schuman. “Questa sarà una implosione (in Europa) e un’esplosione demografica (al di fuori della Ue). Eppure nessuno in Europa ne parla, per non parlare di prepararsi. Tutto procede come se questo tsunami demografico fosse meno importante della cosiddetta onda digitale”. Allo Schuman si denuncia questa “omertà”: “Se l’un per cento dell’aumento della popolazione africana si stabilisse in Francia entro i prossimi 35 anni (ricordate che il 1980 era appena 38 anni fa), ciò equivarrebbe a 13 milioni di nuovi abitanti entro il 2050; vale a dire il 20 per cento in più. Ricordate quanto sia stata scossa la fragile Unione europea nel 2015 quando sono arrivati un milione di rifugiati.

 

I media hanno appena iniziato a farsi prendere dal panico sul fatto che nel 2016 il numero di bare ha superato quello delle culle in Europa. Ma in realtà, questo avviene in Germania dal 1971, in Italia dal 1991 e in Spagna dal 2016. Il desiderio di vivere si esprime attraverso iniziative economiche e crescita dei figli. I paesi europei assomigliano a frutteti i cui alberi sono stati fecondi per quarant’anni e che hanno raggiunto la maturità senza mettere nuove radici”. Per tornare all’omertà denunciata dal rapporto Schuman, forse è per questo che non se ne deve parlare. Perché è troppo grande e terribile anche solo immaginare questo scenario. Come se fosse una malattia segreta per cui non c’è cura e di cui non si prova che vergogna.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.