E nella Manovra spunta la “nazionalizzazione” delle terme
L'Inail potrà valutare la realizzazione di investimenti immobiliari nel settore termale e alberghiero-termale in aree che presentino “significative crisi economico-industriali”
Nazionalizzare è una delle parole d'ordine del governo gialloverde. Su Alitalia i lavori sono ancora in corso ma nell'attesa i fan delle nazionalizzazioni hanno di che consolarsi. Al comma 221 dell'articolo della legge di Bilancio approvata alla Camera è stata infatti inserita una norma che apre alla “nazionalizzazione” di alberghi con stazioni termali.
Il testo autorizza infatti l’Inail, per “andare incontro alle esigenze riabilitative dei propri assicurati” e anche per “sperimentare nuove forme di sinergia tra strutture pubbliche e private”, “a valutare, in via eccezionale, nell’ambito del piano triennale degli investimenti 2019/2021, la realizzazione di investimenti immobiliari nel settore termale e alberghiero-termale”. L’Istituto nazionale contro gli infortuni sul lavoro, se lo riterrà opportuno, potrà quindi acquisire alberghi e terme ma non sempre e comunque. Nella scelta degli investimenti da effettuare, la discrezionalità dell’Inail non sarà totale. Dovrà infatti effettuare le acquisizioni in aree che presentino “significative crisi economico-industriali” individuate nell’ambito di appositi accordi stipulati tra le Regioni e le organizzazioni nazionali maggiormente rappresentative delle aziende termali.
L’iniziativa, però, non è della maggioranza. Il comma è stato infatti inserito a seguito dell’approvazione dell’emendamento 33.4 dei deputati Pd Vito De Filippo e Gianluca Benamati. L’idea di un Inail-imprenditore è piaciuta così tanto alla maggioranza che i due relatori non solo hanno accolto integralmente l’emendamento dell’ex presidente della Regione Basilicata, ma lo hanno anche integrato. Con i commi 222, 223 e 224, Movimento 5 stelle e Lega hanno aggiunto altre disposizioni che autorizzano l’Inail ad effettuare investimenti sottoscrivendo “quote o azioni” di “organismi di investimento collettivo del risparmio chiusi” la cui politica di investimento sia “orientata prevalentemente ad imprese con significative possibilità di crescita”, ad “imprese attive nella ricerca” o alla “crescita dimensionale delle imprese”.