L'archiviazione del caso Brizzi e quel che resta del cinema
Sui set arriva il coordinatore delle scene intime per proteggerci non si sa da cosa
È stata archiviata l'indagine a carico del regista Fausto Brizzi. Il gip ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata a luglio dalla Procura di Roma. Il regista di “Notte prima degli esami” era stato indagato ad aprile del 2018 dopo le denunce presentate da tre donne che lo accusavano di averle molestate. Il gip Alessandro Arturi nel decreto di archiviazione sottolinea che “le ineliminabili vaghezza e genericità dell'apparato accusatorio quanto a profili fattuali imprescindibili” “precludono finanche la prospettazione in astratto” del reato.
Roma. Ci sono anche gli intimacy coordinator. Non bisogna aver paura, ma stare un poco attenti. E cosa fanno? Dirigono gli intimacy workshop, che sono corsi brevi (per fortuna) in cui s’insegna ad attori e registi il modo più delicato e rispettoso di lavorare a una scena di sesso, che sia erotica o porno o soft porno o soltanto includa un momento in cui qualcuno resta nudo o mezzo nudo.
Ne sono venuti fuori tanti, specie nei mesi caldi del #MeToo, di attori e attrici che hanno raccontato d’essersi sentiti molestati dal proprio regista, costretti a spingersi oltre il copione (quella cosa che un tempo si chiamava improvvisazione, e senza la quale i francesi non avrebbero fatto la Nouvelle Vague), abusati, offesi, alcuni persino stuprati. E’ stato allora stabilito che ai registi non va solo chiarito che il tempo dei provini sul divano è finito, ma pure che le attrici non sono bambole e per girare una scena di sesso ci si deve attenere a un codice di condotta preciso.
La intimacy coordinator di cui ha scritto il New York Times, Ita O’ Brien, ne ha stilato uno, si chiama Intimacy on set ed è lì che aspetta solo il plauso della comunità internazionale e l’adozione coatta e senza se e senza ma da parte di tutta l’industria dell’intrattenimento mondiale. La Hbo, intanto, già da ottobre non ammette che si girino scene di sesso senza la presenza di un coordinatore: pare che faccia bene non solo agli attori, ma pure all’atmosfera sul set. Gli accordi legali standard che gli avvocati delle star fanno firmare a registi e produttori, prima che le riprese inizino, e che servono a tutelare i loro clienti da possibili abusi o manipolazioni della loro volontà, evidentemente, non sono stati sufficienti a mettere gli attori a proprio agio. Molti di questi accordi prevedono che un attore possa decidere di ritirarsi dal set, durante una scena di sesso alla quale pure abbia preventivamente acconsentito, se per caso dovesse sentirsi a disagio mentre la gira. Immaginate che bel clima disteso si crea quando un attore sa che può girare i tacchi quando diavolo gli pare e il regista s’affida ai Santi suoi pregandoli di evitare che la mente del divo s’offuschi. Meno male che adesso ci sono i workshop che insegnano ai registi: quali parole dire e quali no mentre dirigono esseri umani che recitano un amplesso; che i genitali non devono mai sfiorarsi; che le scene erotiche vanno concordate in ogni minimo dettaglio e che mentre vengono girate deve essere sempre presente un vigilante. E chi lo sa se Brizzi, in caso avesse disposto di un intimacy coordinator che avesse assistito alla sua non colpevolezza, sarebbe finito ugualmente accusato di molestie sessuali – accuse archiviate definitivamente ieri dal gip di Roma.
Secondo O’Brien un attore che recita sapendosi protetto lavora meglio perché si sente più libero. Ne trarremo più giovamento tutti (illudiamoci, su) da quest’arte che, per farla, non richiede sacrificio di sé, ma sconfinato amore di sé, e cura di sé, e pessima idea di te che mi guardi e non vedi l’ora di scaraventarmi addosso l’animale che ti porti dentro.
Monica Vitti disse una volta: “Io sono un’attrice, poi anche una donna”. D’ora in avanti ci toccheranno quelli che vengono prima di tutto, prima di tutti.
generazione ansiosa