Consumare meglio, consumare tutti
Contro la società incattivita della decrescita, ci aiutano anche gli acquisti “che fanno sentire bene” e partecipi di una comunità positiva. I dati della ricerca firmata Censis-Conad
Milano. “Miti dei consumi, consumo dei miti”. Da una parte un’azienda della grande distribuzione – quelli che ci fanno consumare – e dall’altra un’istituzione che per vocazione tiene monitorata l’evoluzione del modo in cui viviamo – e dunque anche consumiamo. Se si mettono insieme, vien fuori una bella ricerca. Di cui hanno discusso oggi a Milano Francesco Maietta, responsabile area Politiche sociali del Censis, Marco Bentivogli, segretario generale della Fim-Cisl, Mauro Federzoni, responsabile della Direzione regionale Milano e provincia di Intesa Sanpaolo, Francesco Mutti, presidente di Centromarca, Matteo Zoppas, presidente di Confindustria Veneto, Francesco Pugliese, amministratore delegato Conad, e Massimiliano Valerii, direttore generale Censis.
L’approfondito progetto Censis/Conad – “Miti dei consumi, consumo dei miti” – ci conferma che oggi sempre più si può dire “dimmi cosa compri e ti dirò chi sei e cosa generi nel mondo”: per questo promuovere la buona spesa, di qualità, conveniente e socialmente responsabile è una modalità efficace di promuovere il benessere individuale delle persone, la sostenibilità, la coesione sociale e la buona relazionalità. Chi contribuisce a far fare buona spesa aiuta a modificare in meglio una società oggi troppo segnata dall’incattivimento. Pertanto, chi ben fa il proprio mestiere nella filiera dei consumi può al contempo essere un protagonista di traiettorie molto concrete di mutamento sociale nella contemporaneità.
I consumi sono una sorta di palla di vetro che, senza magie, può aiutare a capire le rotte del nostro futuro prossimo, decrittare i trend consente di capire come siamo cambiati. L’orientamento oggi prevalente nei consumi è quello di comprare (ed eventualmente pagare anche un po’ di più) i prodotti che soggettivamente fanno stare bene, che consentono al consumatore di dire qualcosa di sé e che lo gratificano nella convinzione che tramite quei consumi agisce per rendere il mondo migliore.
Ecco perché crescono prodotti come i “free from”, ad esempio quelli senza lattosio (+8,5 per cento in valore nel periodo gennaio-agosto 2017-2018 nei punti vendita Conad, di cui +94,3 per cento i formaggi grana), i prodotti con farine benessere a base di cereali superfood (+3,1 per cento nelle stesso periodo, di cui la pasta vegetale +30,2 per cento e i biscotti +11,5 per cento), gli integratori (+3,3 per cento, di cui gli antiossidanti +19,5 per cento e le vitamine e i minerali +12,3 per cento). Sono i consumi dell’io che vuole bene a se stesso.
Poi a tirare di più sono i prodotti biologici (+8 per cento nello stesso periodo, di cui le bevande +23,8 per cento e l’ortofrutta +17,2 per cento) che, oltre a fare stare bene il consumatore, gli consentono di dire la sua sul mondo e lo gratificano nella convinzione che contribuisce a cambiarlo. E si registra il boom dei prodotti certificati: i vini Doc e Docg italiani biologici (+27,8 per cento nello stesso periodo) e i vini Igp e Igt italiani biologici (+26,1 per cento), ovvero prodotti iconici della fusione delle logiche “io mi voglio bene” e dell’italianità. Crescono, insomma, i consumi che migliorano la qualità della vita, che fanno raccontare noi stessi e il mondo, che ci convincono che grazie a quei prodotti lo miglioriamo. Se il consumatore attribuisce un alto valore soggettivo al prodotto, perché risponde a sue specifiche esigenze e valori, allora mette mano alla tasca e la spesa aumenta. La logica ‘compro di più di tutto’ è tramontata, vince una rigorosa selezione dei prodotti, su cui eventualmente spendere anche di più.
E chi li influenza, gli acquisti? 17 milioni di italiani sono stati influenzati da almeno due canali su quattro (i media tradizionali quali tv, stampa, radio e giornali, i social, gli influencer, le celebrities), 7 milioni da almeno tre e 3,6 milioni hanno indicato tutti i quattro canali. Vince la combinazione. Riguardo ai singoli canali, emerge che 23,7 milioni di persone hanno acquistato un prodotto e/o un servizio perché ne hanno visto o sentito la pubblicità su tv, radio, giornali o riviste. Sono persone che con grande serenità riconoscono il potere informativo e persuasivo del messaggio pubblicitario veicolato attraverso i canali che oggi sono classificati come media tradizionali. E i dati per età rivelano, ancora una volta, come siano i giovani quelli più sensibili al messaggio pubblicitario, con il 54,5 per cento rilevato contro il 32,8 per cento tra gli anziani.
“Con questo progetto vogliamo cercare di comprendere più a fondo gli stati d’animo e i sentimenti che influenzano gli stili di vita e le scelte di consumo degli italiani, e avviare una riflessione comune per cercare soluzioni condivise”, sottolinea l’amministratore delegato di Conad Francesco Pugliese. “La crisi che sta attraversando l’Italia non è più solo economica, ma anche sociale: la politica del rancore e dell’intolleranza ha incoraggiato la diffusione di un atteggiamento di chiusura e di ostilità in tutti gli strati della società. Ma una società che resta ripiegata su se stessa, intrappolata nella paura e diffidente verso tutto ciò che è altro, non può che decrescere. Compito delle imprese è remare in direzione opposta, dando spazio ai valori positivi attraverso una narrazione in cui emergono principi come condivisione e comunità. E adottando un modello di impresa improntato alla sostenibilità non solo ambientale, ma anche sociale ed economica”.
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