Pamela Anderson attivista a tempo pieno
Il mondo secondo l'attrice ha il gilet giallo e la voce di Varoufakis. Dei commenti di Salvini dice: “Era confuso”
Milano. Pamela Anderson vuole fare l’attivista a tempo pieno, “posso raggiungere persone in posti divertenti”, dice mentre fa l’elenco degli attivisti che ha conosciuto, politici, scrittori, intellettuali, economisti, e aggiunge, con tutto lo stupore del mondo: sono interessati a quello che faccio, a quello che dico, mi ascoltano, si confrontano, trattano alla pari “una come me, me!”, che “ho finito a malapena il liceo, ero in ‘Baywatch’, sono un’attivista per i diritti degli animali, ho un golden retriever, non so...” (detiene anche il record del numero di copertine su Playboy, 13).
La Anderson ha rilasciato un’intervista a Ft Alphaville, il sito del quotidiano della City che si occupa di mercati, e già il suo ritratto in mezzo a indici, numeri e storie prettamente industriali e finanziarie ha fatto un certo clamore (oltre che una buona quantità di clic e condivisioni). La ragione di questa consacrazione è duplice: la prima è che l’autrice dell’intervista è Jemima Kelly, che ha introdotto storie, personaggi e linguaggi mai visti prima in un mondo considerato per addetti ai lavori (la Kelly voleva fare la cantante, ora scrive canzoni ma non per vivere, e questo dettaglio deve avere a che fare con la sua bravura); la seconda è che la Kelly ha intervistato di recente Yanis Varoufakis, ex ministro delle Finanze greco, che, raccontando il suo progetto politico (il partito transnazionale “Europe Spring”), editoriale (un saggio sul futuro del nostro continente) e personale (non farà mai più foto dalla sua casa con vista Acropoli), ha detto, tra un elogio a Noam Chomsky e uno a Ken Loach, che la Anderson “è assolutamente disarmante, affascinante e splendida”. E allora eccola qui, l’attivista a tempo pieno, che è partita, novella Brigitte Bardot, dalla fondazione per i diritti degli animali e ora si occupa di riforme europee, di gilet gialli, di femminismo, dell’adorato Julian Assange, di Matteo Salvini e finanche di quel giorno un po’ “Star Trek”, in cui “i soldi non esisteranno più e le tue buone azioni saranno il tuo capitale”.
La Anderson è contro i populismi e i fascismi, dice, e quando andava a trovare con regolarità Assange, fondatore di Wikileaks, nell’ambasciata ecuadoriana da cui è stato sfrattato di recente (si diceva fosse amore tra i due, ma lei è fidanzata con Adil Rami, calciatore del Marsiglia, ed è monogama), guardavano i video di youtuber di estrema destra – “giovani ragazzi con i capelli a punta” – e dicevano che il mondo era impazzito. Ora la Anderson, che è canadese ma ha origini finniche, russe e romene, è diventata l’ambasciatrice del paneuropeismo di Varoufakis, con quelle liste transnazionali che non hanno avuto molta fortuna nelle elezioni europee di stampo nazionalissimo, e con quel progetto politico che vuole meno rigore economico, più attenzione al sociale e qualche trattato europeo nuovo: insomma un’Europa molto diversa, forse persino disintegrata. Le ispirazioni dell’attivismo a tempo pieno della Anderson, che viene generalmente definito radicale e di sinistra, sono molto varie: non c’è soltanto il legame con Assange, per dire, che è filoputiniano e trumpiano (“dobbiamo salvarlo”, ha detto la Anderson uscendo dal carcere dove, prima di tutti, è andata a trovare il fondatore di Wikileaks), ma anche la fascinazione, condivisa con Varoufakis, per i gilet gialli, che non soltanto pagano le imposizioni liberali di Macron, ma anche ne subiscono la violenza: “Dobbiamo parlare della violenza dello stato – dice la Anderson – Invece che introdurre un New Deal ambientalista, il presidente francese sta adottando una legge ‘anti rivolte’. Dove sta finendo la democrazia dell’Europa?”.
La Anderson è tutto sommato anche conciliante con Matteo Salvini: gli aveva scritto una serie di tweet per manifestare la propria preoccupazione sulla deriva fascista dell’Italia. Il ministro dell’Interno aveva risposto dicendo che la preferiva quando era in costume sulle spiagge di “Baywatch”, ma oggi lei commenta: “Non è una risposta sconvolgente. Sono sicura che lui fosse molto confuso. Certo rivela però quanto lavoro sia necessario per sfasciare il patriarcato”. Con i cancelletti e i social non ha un buon rapporto, la Anderson, la tecnologia la rende nervosa, ma adora l’impegno, il sacrificio politico, quello vero, la capacità dei Varoufakis e degli altri di far tornare sexy persino l’Europa, confusi o no che si sia. E quando parla di monogamia, l’attivista a tempo pieno risponde ai suoi tormenti, che ci faccio io qui, farò bene o farò male?, fissa la formula salvifica – “amore, sesso, relazioni, empatia” – e a tutti quelli che vogliono cambiare il mondo dice: “La cosa più radicale che puoi fare oggi è innamorarti”.
generazione ansiosa