“Greta è come il Gosplan sovietico”. I francesi contro il millenarismo green
Di fronte al cambiamento climatico ci sono due prospettive radicalmente diverse. "La strategia catastrofista e l’esperienza concreta". E per Michael Shellenberger "i ricchi catastrofisti vorrebbero farci vivere da congolesi"
Roma. “Niente è inevitabile. La crescita del buco dell’ozono, fino a trent’anni fa il principale problema ambientale, è stata fermata e anche questo problema sarà risolto”. Si apre così la tribune di alcuni scienziati francesi niente meno che sul Monde, l’organo ufficiale della gauche. La critica è al movimento nato attorno a Greta Thunberg. Di fronte al cambiamento climatico ci sono due prospettive radicalmente diverse. “La strategia catastrofista e l’esperienza concreta dell’amore per la vita, molto più che il panico di fronte alla fine del mondo”.
All’inizio, sui media francesi soltanto la destra aveva fatto da controcanto al gretismo, dalla copertina del settimanale conservatore Valeurs Actuelles sugli “eco-ciarlatani”, alle insofferenze di Pascal Bruckner. Ora ci si è messa anche tanta stampa mainstream. Nominato “eroe dell’ambiente” dalla rivista Time e vincitore del Green Book Award, Michael Shellenberger ha tutte le carte in regola per parlare di ecologismo.
In una intervista di questa settimana al settimanale Point, Shellenberger attacca il “moralismo ecologista che ci dice che dovremmo vivere come nei paesi poveri. Sul sito web del Programma di sviluppo delle Nazioni Unite vengono costantemente visualizzate le foto di alcune delle persone più povere su questo pianeta, come gli agricoltori in Africa o in Asia. Sorridono, con i loro cestini, occupati a pompare acqua. L’idea è che dovremmo essere tutti come loro. Ovviamente nessuno lo vuole davvero. Greta Thunberg non vivrà come una congolese, è ridicolo. La sua esistenza è quella di una ricca bambina svedese, una specie di principessa, mentre incoraggia tutti a fare il contrario. E’ un desiderio di moralizzare la nostra società!”, scrive Shellenberger.
E’ puro narcisismo rafforzato dai social network. “Per abbandonare i combustibili fossili ci vorrà almeno un secolo. Non è qualcosa che si fa in dodici o diciotto mesi, come ci viene detto da questi stupidi catastrofisti”. Il riscaldamento è un problema di accumulo, non di soglie critiche. “Queste soglie critiche sono il risultato di una strategia malthusiana di ambientalisti che vogliono fare del clima una minaccia apocalittica. E’ come se le nostre vite fossero più eccitanti all’idea che il mondo possa finire se non facciamo nulla. Non esiste uno scenario scientifico stile ‘giorno dopo’ come nei film di Hollywood. Siamo nel mezzo dell’infantilizzazione del problema climatico. All’inizio c’era Al Gore come Mosè. Ora siamo a Giovanna d’Arco, con Greta Thunberg alla guida di questa guerra religiosa”.
Olivier Babeau, economista liberale dell’Università di Bordeaux e noto saggista, ha detto al Figaro che “il successo di Greta Thunberg esprime la debolezza dell’occidente che coltiva l’auto-deprezzamento con passione”.
Il medico Laurent Alexandre, esperto di intelligenza artificiale, sempre sul Figaro sostiene invece l’alleanza della scienza e della democrazia contro i profeti del catastrofismo ecologico. “E’ la versione verde del Gosplan sovietico, un piano basato su un maggiore controllo statale e sulle restrizioni sulle libertà”, dice Alexandre in riferimento all’ente sovietico per la pianificazione. “La tragedia è che i collassologi sono in Europa e i tecnofili in Cina”.
I giornali italiani, incapaci di uscire dal clivage bullismo-santificazione di Greta, sono ancora lì ad ammirare il secchio usato come wc nella già leggendaria traversata atlantica.