“Amiges" è meglio di "amigos". L'uguaglianza diventa differenza
Ecco il neo-spagnolo per non urtare chi soffre l’orientamento di genere
L’Argentina è ancora una volta sull’orlo del collasso. “Il paese non ce la farà, qui finisce male”, dice un vecchio taxista, come tutti i suoi colleghi locali esperto in politica, filosofia, sociologia, economia, letteratura e calcio. A Buenos Aires, dopo le primarie della scorsa settimana che hanno condannato il presidente in carica e fatto dimezzare il valore del peso, si erano formate le solite file di gente davanti alle banche. Due file per la precisione: una per ritirare i soldi dal conto e l’altra per mettere i soldi in una cassetta di sicurezza. E’ ancora troppo forte il ricordo di un default in cui le banche non riescono a dare a ciascuno i contanti del suo conto. In realtà, mi racconta convinto un grande industriale bonairense, “si metteranno d’accordo con il Fondo Monetario Internazionale; il peso debole è l’unica soluzione e a nessuno conviene un default”. Può essere, ma il rischio rimane.
Tuttavia, in questa situazione così perennemente critica che esigerebbe tutto lo sforzo di tutte le menti migliori per ridare una direzione a un Paese ricco di storia e cultura, una parte degli intellettuali e dei movimenti studenteschi si sono invece dedicati negli ultimi anni alla creazione dell’importantissimo linguaggio di genere politicamente corretto. L’Argentina da questo punto di vista è un’avanguardia. Altro che femminilizzazione del linguaggio all’italiana, come da editto dell’allora ministra (sic) Fedeli, e altro che asterisco al posto dell’indicatore di genere finale o delle linee guida europee per sostituire con sinonimi i termini con inevitabili indicatori di genere. La migliore gioventù argentina ha prodotto un intero nuovo genere dello spagnolo, ricreando il neutro in una versione peculiare. Faccio degli esempi. Come in italiano, il generico plurale dello spagnolo sarebbe al maschile: “amigos” per dire di un gruppo di buoni conoscenti maschi e femmine. Nel neo-spagnolo, per evitare la spinosa questione di scegliere tra “amigos” e “amigas”, hanno inventato il neutro “amiges”. Ovviamente nella neolingua, che si chiama linguaggio inclusivo, c’è anche il singolare, visto che uno potrebbe soffrire l’orientamento di genere. Il singolare di “amigo” in linguaggio inclusivo è “amige”. Si può riscrivere così l’intera grammatica.
Una simpatica professoressa dell’Università di Tucumán, la Philadelphia di Argentina, dove si è dichiarata l’indipendenza, ha sei figli e ha cambiato il gruppo di Whatsapp famigliare da “hijos” a “hijes”, ma ha spiegato loro, soprattutto alle femmine, che non devono essere contente quando in linguaggio perfettamente inclusivo spiegheranno che non c’è lavoro per loro (ustedes van a ser desempleades) o che non guadagneranno quanto i colleghi maschi. La nuova frontiera della neo-lingua, che già si progetta di insegnare nelle scuole elementari, non risolve i problemi sociali e, anzi, li aggrava buttando in battaglie ideologiche le energie che dovrebbero essere spese per cause migliori.
Un professore uruguagio che dopo anni di insegnamento in Canada è tornato in patria proprio perché, nonostante soldi e successo, non riusciva a insegnare in università dove non si può dire nulla per paura di non rispettare il politicamente corretto e non essere denunciati, inizia le sue lezioni a Montevideo dicendo “vengo dal futuro”. Purtroppo, il futuro l’ha inseguito ed è già arrivato anche in America del sud ed è un futuro che, ancora una volta, dimostra di non amare le differenze ma di volerle neutralizzare. L’uguaglianza così intesa diventa indifferenza di genere e poi di vita; perfettamente rispettosi e rispettati, possiamo con ottima coscienza trascurare i veri problemi del destino di ciascuno e di quello sociale.