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Una buona idea da emendare radicalmente

Il diritto all’oblio in Ue è troppo spesso oggetto di abusi. Una sentenza

La Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che il cosiddetto diritto all’oblio di cui godono i cittadini europei non dovrà essere esteso al di fuori dell’Ue, dando torto all’ente francese per la protezione dei dati (Cnil), che aveva chiesto a Google di eliminare a livello globale certi risultati di ricerca già nascosti in Europa. Il diritto all’oblio è stato introdotto nell’Unione europea cinque anni fa, e da allora non ha smesso di suscitare controversie. Una sentenza della Corte di giustizia europea, emessa nel maggio del 2014 e partita da un caso riguardante un cittadino spagnolo, imponeva a Google e agli altri motori di ricerca (ma Google in Europa è praticamente un monopolio) di cancellare dai risultati di ricerca notizie e articoli che potevano danneggiare l’onore o le attività professionali e personali di un cittadino europeo, qualora queste notizie e articoli non fossero più rilevanti.

 

Significa: nel 2005 il signor Rossi viene coinvolto in una rissa in un bar di paese. I siti di notizie locali si occupano della vicenda, citando il nome del signor Rossi. C’è un processo e il signor Rossi paga i suoi eventuali debiti con la giustizia. Passano dieci anni e il signor Rossi decide di aprire una pizzeria. Peccato che la pizzeria sia sempre deserta, perché tutte le volte che un potenziale cliente cerca su Google informazioni sulla pizzeria del signor Rossi come primo risultato vede le vecchie notizie sulla rissa di dieci anni prima. Chi mai vorrebbe andare a mangiare da un facinoroso? Il diritto all’oblio prevede che il signor Rossi possa chiedere a Google di cancellare dai risultati di ricerca le notizie che lo riguardano. Occhio: cancellare dai motori di ricerca (la parola tecnica è “deindicizzare”) non significa cancellare un articolo dai siti dei giornali. Il contenuto rimane disponibile. Smetterà di apparire tra i risultati quando si cercano notizie sul signor Rossi, perché la deindicizzazione rescinde il legame tra quella notizia e un certo nome, ma chi cercherà informazioni sulla celebre rissa al bar di paese del 2005 continuerà a trovare tutto il materiale che vuole. Il diritto di cronaca è garantito, perché gli articoli del 2005 non vengono toccati, ma al tempo stesso è garantito il diritto del signor Rossi di non essere perseguitato da questioni che ormai hanno perso rilevanza da tempo.

 

Questo, almeno in teoria, è il diritto all’oblio. E’ un principio giusto, che affonda le radici nella legislazione di molti paesi europei ed è considerato da molti attivisti per la privacy come una pietra miliare nella difesa dei cittadini. E’ anche un principio, purtroppo, che con il tempo è diventato oggetto di abusi e storture. Complice un quadro legislativo quanto meno nebuloso, troppo spesso il diritto all’oblio viene utilizzato come uno strumento per cancellare contenuti indesiderati. Google ha adottato un sistema complesso per valutare caso per caso tutte le richieste di diritto all’oblio, ma capita che gli interessati evitino di rivolgersi al motore di ricerca e chiedano direttamente ai giornali e alle testate online la rimozione di contenuti che ritengono lesivi del proprio onore. La legislazione europea, come già detto, è generica e poco chiara (ma il suo campo d’azione è stato rafforzato dal Gdpr), e l’intervento delle legislazioni nazionali contribuisce ad aumentare la confusione. Il risultato è che spesso chi desidera che un articolo di news venga cancellato minaccia azioni legali direttamente contro le redazioni e i proprietari di blog e siti web, adducendo che il proprio diritto all’oblio è stato violato, anche quando le informazioni sono recenti e rilevanti. Chiunque abbia un sito di news sa che le richieste di cancellazione di questo o quel contenuto sulla base del diritto all’oblio ormai sono una quotidianità. Questo è un problema per la libertà d’espressione, perché spesso i siti e i blog più piccoli non hanno le spalle abbastanza larghe per rispondere alle minacce di cause giudiziarie, e finiscono per cancellare notizie magari valide e rilevanti. Non è così che dovrebbe andare.

 

La sentenza di ieri è un passo nella giusta direzione. Il Cnil francese chiedeva che Google nascondesse i risultati del diritto all’oblio anche fuori dall’Ue, ma il principio è pericoloso: se la legislazione europea si impone su internet anche nel resto del mondo, perché non quella cinese? Il diritto all’oblio deve esistere, ma deve essere emendato per commisurare meglio diritto alla privacy e libertà d’espressione.

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