Così l'agenzia matrimoniale resiste nell'epoca di Tinder e dell'amore mordi e fuggi
In tanti, soprattutto chi ha vissuto difficoltà relazionali, chiedono un adeguato filtro, psicologico e umano. Giorgetti (Amore e Psiche): “App e siti online non assicurano alcun controllo”
Matrimonio a prima vista, l’epica di due sconosciuti convolati a nozze senza aver mai gettato uno sguardo l’uno al viso dell’altra, ha portato a Real Time il più grande successo che la stagione ricordi. Gli spettatori si sono beati della piccola tragedia altrui. Hanno riso della disperazione, vera o presunta, dei sei giovani protagonisti, decisi ad affidare le sorti del proprio destino amoroso ad una triade di esperti. Poi, con il cipiglio un poco sprezzante di chi la sa lunga, hanno seguito l’epilogo della vicenda umana: i divorzi, due su tre. Hanno annuito bonariamente di fronte alle ragioni che hanno indotto gli sconosciuti a separarsi. Poi, su Matrimonio a prima vista è calato il sipario, le luci si sono spente, i (ri)sentimenti affievoliti. E dell’esperimento sociale con il quale la Rete ha provato a capire che fortuna possa avere l’amore senza estetica, l’amore cieco dei detti popolari, non è rimasto granché. Perché l’oggi è del dating online, dei rapporti mordi-e-fuggi, delle serate “apparecchiate” su smartphone, di donne e uomini scelti tra menù virtuali, i visi truccati in bella mostra online. L’oggi, la compatibilità dell’anima, l’ha mandata al diavolo. Più bei corpi, meno bei cuori. E chi non voglia si faccia da parte, soldato senza social della milizia dei disperati.
I sognatori romantici sembrano ormai avviati all’estinzione. E a salvarli, come nella visione moderna di un’arca di Noè a misura d’uomo, può essere un solo istituto: quello vecchio e un po’ polveroso un tempo noto come “agenzia”.
L’agenzia matrimoniale, travolta dalle sue mille declinazioni internettiane, ha saputo resistere. E qualcuno che ancora dia fiducia agli esperti, si metta nelle mani di un professionista per trovare la propria anima gemella lo ha trovato. Maria Cristina Giorgetti, fondatrice dell’italiana Amori e Psiche, racconta, infatti, che Tinder non è per tutti. E non lo sono neppure i bar. “Le persone che si rivolgono alla nostra agenzia”, racconta al Foglio, “Sono persone riservate, che la vita ha sottoposto a difficoltà relazionali”. Ci sono divorziati attempati, vedovi e vedove, individui capitolati dopo anni di fidanzamento o la lista di nozze pronta. “Magari, queste persone hanno giri di amicizie confortevoli che, nella loro solidità, non sanno però offrire elementi di novità”. A quel punto, l’accesso a una nuova conoscenza è complesso: ci si può buttare online, dove abbondano le truffe e i profili finti, si può scendere in strada con un cartello appeso al collo che urli “Cerco compagno/a”. Oppure, pagando una quota iniziale di 200 euro e una successiva, variabile a seconda del trattamento richiesto, ci si può affidare alle cure di esperti, pronti a setacciare l’Italia in cerca di una compatibilità che, come in Matrimonio a prima vista, non transiti (necessariamente) per il fattore estetico.
Maria Cristina ha deciso di non mostrare agli iscritti le immagini dei papabili partner. “Una fotografia non trasmette un’emozione, un odore, quel che serve a creare la chimica tra due persone. Questo per qualcuno è un deterrente, per altri un incentivo”, spiega la signora, che in Amori e Psiche accetta tutti, ma non i giovani. “Lo zoccolo duro dei miei clienti è rappresentato da individui di età compresa tra i 40 e i 60 anni (50 per cento), c’è poi una percentuale di over 60 (30 per cento) e una di under 40 (20 per cento). Capita che mi chiamino dei ventenni, soprattutto maschi, ma mi trovo a rifiutarli perché non ho iscritti con i quali matcharli”. La Giorgetti, con l’aiuto di una psicologa e di una grafologa, svolge, infatti, un lavoro preciso. Al termine di un percorso conoscitivo, fatto di disamine lessicali e test psicodiagnostici standardizzati a livello internazionale, organizza un appuntamento tra due aspiranti innamorati.
“Si trovano a cena, pagano ciascuno una metà del conto e, il giorno successivo all’incontro, mi comunicano se hanno intenzione di rivedersi o meno”. Le probabilità di successo corrispondono al 50 per cento. Allora, ai due vengono forniti i rispettivi numeri di telefono e un “periodo di prova” di sei mesi per conoscersi. “Trascorso il periodo di prova, devono dirmi se hanno intenzione di stracciare il contratto con l’agenzia oppure se vogliono che io trovi loro un altro partner”. Alto, basso, magro, grasso, poco importa. Quel che l’armata dell’anti-Tinder chiede è un adeguato filtro, psicologico e umano. “A New York, nelle metropoli dove la carriera fagocita il tempo libero, l’agenzia matrimoniale è tornata ad essere una realtà solida. Il problema delle app e dei siti online è che non assicurano alcun controllo. Spesso, si incappa in bufale, in profili finti, in truffe economiche ed episodi pericolosi”. Tutte cose dalle quali un’agenzia offre adeguata protezione.
“Noi assicuriamo un filtro di serietà: passiamo al vaglio i candidati, facciamo luce sulle loro zone d’ombra”, continua la Giorgetti, “Solo il QB, quoziente bacio, non è nelle mie corde”. La scintilla, quel friccicorio che dovrebbe suggellare l’unione di due anime, non è (ancora) la risultante di un calcolo matematico. Ma la volontà a essa sottesa lo è eccome. “I miei iscritti cercano una relazione a lungo termine. A quali condizioni, dipende, spesso, dal trascorso umano: ci sono divorziati che vogliono relazioni a distanza, perché i figli non sono pronti ad accogliere nuovi compagni, ci sono vedevi che cercano l’amore, single che vogliono convivenze e single che puntano al matrimonio”. Ma, soprattutto, c’è una solitudine che non è disperazione, ma abbandono: abbandono di un partner, di una vita a due, abbandono di una società che spinge agli individualismi. Abbandono, pure, di un mondo che vorrebbe tutte le soluzioni online, a portata di clic e di computer.
generazione ansiosa