Il clima e l'orrido abuso del tempo futuro
La religione previsionale è nemica del presente ed è pure una truffa
Se le sardine sono una rivolta antiretorica, come dicevamo, se esprimono “una voglia italiana di grammatica”, come ha ben detto ieri Francesco Merlo, allora possono cominciare dal futuro, chiedendo cautela nella coniugazione del verbo. E’ da notare senza astio né strepito che l’ideologia oggi dominante, la salvezza del pianeta che si fa impegno, moda, disciplina scolastica, obbligo civile, conformismo culturale, e che riempie di sé la bocca di tanti governati e governanti, all’unisono, si fonda sull’abuso del tempo futuro. E’ il tempo grammaticale del Novecento, dell’idealismo cosiddetto anche nella sua versione totalitaria, è un modo di rappresentarsi la vita sempre all’inseguimento di “domani che cantano”. Stavolta la salvezza è l’unica via per sottrarsi a “domani che piangono”, ma in fondo è la stessa cosa.
Il presente, ciò che vedi, tocchi, sperimenti, i cieli azzurri e immensi solcati dai temuti minuscoli aeroplani, il mare che si forma si agita e si pacifica e si mostra specchio delle paure e degli incantamenti di sempre, fiumi che fluiscono tuttavia e foreste che si moltiplicano tuttavia, specie che si estinguono e specie che si riproducono come sempre è avvenuto, è questo presente connesso al passato ciò che indica da sempre la ciclicità del clima, l’alternarsi di nuvole e sole, l’umido e il secco, e alla fine un conto modesto di rischi futuri, o anche più allarmante, a volte, ma i rischi sono rischi e non opache premonizioni, pensiero predittivo, uso e abuso del futuro algoritmico, dei sistemi che lo inquadrano, lo fanno imbizzarrire nei modelli previsionali degli scienziati che si sottraggono all’esperimento per rifugiarsi in quell’ombra di magia scientifica che è la statistica virata al dopo.
Accadrà, succederà, la certezza apodittica si proietta dove non può, e potenti organizzazioni internazionali, statisti che anelano a diffondere coesione intorno a obiettivi futuri di civismo delle anime, uomini di scienza desiderosi di convincere e ancor più di vincere contro altri uomini di scienza detti negazionisti o riduzionisti, tutti questi soggetti usano e abusano del tempo futuro in una battaglia, per certi aspetti sordida, che ha per fine il controllo del presente e la negazione della sapienza nutrita dal passato.
Il futuro è nemico mortale della ragione, il che è appena ovvio. Il suo abuso è peggio anche della metafisica dell’essere e degli enti, che qualcosa di interessante al mondo l’ha pur dato, è una metafisica del sarà, dei saranno, una religione previsionale che sostituisce la rivelazione, la notizia o novella, con un’apocalisse portatile, immagazzinabile nella botteguccia dell’ideologia. I “domani che cantano” nascondevano un presente miserabile, da negare contro ogni evidenza in nome del bene della causa, e il tentativo della tabula rasa, la cancellazione radicale del passato. La ricerca di un dossier tutto voltato verso il futuro è il tratto tipico di ogni millenarismo, di ogni truffa, diciamolo. E’ l’escatologia del modello matematico, e non importa quanto sia contestabile razionalmente quel modello, quanto si sia rivelato perituro e inverosimile per il passato, con le previsioni già acclarate per false nel benedetto presente, importa solo che ispiri fiducia e fede. Così nasce l’alleanza dei materialisti irrispettosi della materia viva, il corpo vile di un esperimento che al futuro non si può applicare, perché il rapporto della causa e dell’effetto si definisce solo a partire dall’effetto rilevato, cioè da un qualche presente, quando si definisce, e degli spiritualisti cristiani che al futuro guardano, idealizzando il mondo, non con la fede come sostanza di cose sperate e argomento delle non parventi (Dante), ma con una fiducia credulona nell’ultimo modello previsionale disponibile.