Buon Natale e un brindisi con la vodka Atomik anche alla cara Greta

Giuliano Ferrara

Serissimi ricercatori inglesi hanno fondato la Chernobyl Spirit Company che produce il distillato con il fine di diffondere il cessato allarme in un’area devastata dalla paura delle streghe. L’apocalisse è parecchio di là da venire

Ricorderete la Totally Unnecessary Productions di Barney Panofsky. Un tipo così, con il vizio della vita e la vita del vizio, non poteva che intraprendere qualcosa di totalmente inutile. La parodia della compunzione politicamente corretta aveva in questa compagnia uno dei suoi fuochi vivi e esilaranti. E non è un caso se a Roma ci scappò detto a Mordecai Richler in persona che il nostro era un Totally Unnecessary Newspaper. Ora c’è la Chernobyl Spirit Company, fondata da serissimi ricercatori inglesi per distillare una vodka ucraina chiamata Atomik, sulla base di coltivazioni di segala dalle parti della famosa centrale cataclismatica, origine di una retorica apocalittica mai interrotta da allora. Lo rivela il supplemento anche quello del tutto inutile, ma non stavolta, del Corriere di Cairo, “Buone notizie”.

 

In realtà l’abisso di Chernobyl inghiottì alcune decine di vite soltanto, e massimamente perché l’abisso politico dell’informazione in regime comunista non rese possibile un pronto intervento di salvezza e soccorso. Quanto alle conseguenze millenarie della radioattività, “la nostra casa brucia”, va detto che la natura si è integralmente ripresa i suoi diritti verdi, non Verdi, in quell’area oggi festosamente amazzonica, locupletata dal destino di piante alberi acque e fauna multi versa, e la povertà umana e sociale persistente dipende dal pregiudizio, come dimostrano questi bizzarri ma titolati ricercatori inglesi che hanno messo su la compagnia di produzione della vodka nucleare, totalmente priva di necessità e infatti non a scopo di lucro, con il fine di diffondere il cessato allarme e un quantum di imprenditorialità in un’area devastata dalla paura delle streghe.

 

Credulità e paura si accompagnano alla miseria, questo si sa, e dovrebbero farci un pensierino anche a Taranto o nella Terra dei fuochi. Se la Francia nucleare paga l’energia la metà o anche meno del costo italiano, e infatti quel paese rivoltoso e scioperaiolo è l’ultimo in Europa, o quasi, a produrre ricchezza, e la gente si batte per andare in pensione a 52 anni, dipende dal fatto che non ebbero paura quando qui, auspice il solito concerto dei soliti demagoghi, il nucleare fu abolito per referendum, ah! il referendum. Io come tutti ho paura del nucleare, quando una centrale si rompe, ovvio, e non l’ho mai nascosto, anche quando è crollata Fukushima, ma un tanto di rapporto con la realtà e la verità dovrebbe sublimare la mia paura individuale in una cultura d’élite capace di instaurare il regno della conoscenza e dell’esperienza, due antidoti in genere contro il sentimento barbarico, e insopprimibile, della paura umana.

 

Ora trovo straordinario che a metà degli Ottanta io abbia convissuto con il terrore della nuvola, dei venti che la sospingevano e dell’insalata radioattiva, erbetta che peraltro secondo il mitico e compianto Enzo Bettiza era ed è “una perdita di tempo”, meglio il goulash, per poi sbarcare nel dorato mondo dell’ambientalismo, che alla tragedia di Chernobyl, conclusa con una buona produzione di vodka Atomik, deve molto come fonte battesimale. I ricercatori inglesi, che vengono dal paese dove è nata quella immensa castroneria che è Extinction Rebellion, una specie di Brigata Rossa dell’ecologismo, ci liberano da quel maledetto momento in cui abbiamo creduto nell’apocalisse, che è la nostra prospettiva – come dicono i teologi – “escatologica”, ma è parecchio di là da venire, e questo è sicuramente un merito da premio sebbene osiamo sperare che ai nostri eroi non sia mai comminato il grottesco premio Nobel. Intanto auguri di buon Natale, e se potete procuratevi una bottiglia di Atomik e brindate a tutti noi, a tutti voi e alla cara Greta.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.