Ha vinto la Gen Z
Demonizzati da noi millennial, i nuovi ventenni credono nei loro sogni e ci stanno rottamando
Roma. Dello spleen dei millennial non resterà traccia. La generazione che, in questi anni, abbiamo raccontato, commiserato, insultato, pianto e sgridato, ritenendola, tra le più sfortunate e perdute, la più inetta, viziata e meno tenace, quella che s’è presa gli strali di Bret Easton Ellis e che pur di non affaticarsi e risentire di quel trauma chiamato vita ha smesso di fare sesso, sembra destinata a finire come i The Giornalisti: senza che nessuno ne senta la mancanza, né l’influsso. I ventenni di oggi (i Gen Z) sono parecchio più saldi, energici, seri, giudiziosi.
I numeri dicono che: studiano di più e meglio; leggono libri (lo fa l’89 per cento di loro – nel 2006 i lettori ventenni non superavano il 72 per cento); subiscono meno il bullismo (rispetto al 2002, esattamente la metà); sono più soddisfatti (nel 2002 lo era il 28 per cento di loro, adesso lo è il 44 per cento); escono di meno; non si ubriacano né fumano; fanno più sport; amano stare in famiglia. I dati sono emersi nell’ultima indagine Hbsc (Health Behaviour in School-aged Children), che lavora insieme all’Ufficio regionale per l’Europa dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Nel commentarli, il País ha scritto che molto del sollievo e della sorpresa che proviamo nel leggerli sono dovuti al fatto che abbiamo sempre vissuto in un terrore amplificato da allarmi percepiti e tuttavia non suffragati dalla realtà.
Abbiamo scritto a lungo, negli ultimi anni, di come i videogame avrebbero reso i ragazzi assassini criminali per tendenza: uno studio di Cambridge ha appena dimostrato che non è accaduto. Noi li accusiamo di rimbambirsi sui social network, e invece Facebook e Twitter sono reparti geriatrici dove vagolano quasi esclusivamente boomer e millennial – era il 2015 quando Andrew Watts, un ventenne del Texas, scrisse in un post che fece poi il giro del mondo che Facebook era “una scena di famiglia da cui non possiamo andare via”.
TikTok, anche se non ce ne capacitiamo, non è un social, bensì una piattaforma di intrattenimento – peraltro già presa d’assalto da zie e nonne – che però di questi post millennial dice tutto: vogliono creare contenuti e usarli per sfidarsi; vogliono mettersi alla prova, e partecipare per vincere. Diversamente da noi, che vent’anni fa ci preparavamo a festeggiare un capodanno pericoloso (ricordate il Millennium bug?), il primo di molti bachi veri o presunti che hanno eroso e poi fatto crollare tutti i sogni e le promesse e le certezze a cui ci credevamo destinati, gli Z si sono affacciati nel mondo quando tutto era già cascato. Mentre molti di noi trenta-quarantenni stiamo ancora aspettando il rimborso per essere stati scippati, e temiamo tutto, e non abbiamo neanche il fegato di dire che non facciamo figli perché non ne vogliamo (preferiamo dire che è colpa di quelli che ci hanno rubato il futuro, e ricordare elegantemente che la loro pensione la paghiamo noi), mentre noi leggiamo i dati Istat di ieri (con il calo delle nascite a un nuovo minimo storico) come una vendetta e, insieme, un certificazione del nulla che possiamo fare, i ventenni e pure quelli più piccoli ancora, scendono in piazza per il sole, il mare, la terra, e non dicono mai, nemmeno per sogno, che “il futuro non è più quello di una volta”. Basta ascoltare la musica che suonano e che sembra la risposta perfetta a quel discorso che Steve Jobs ci rivolse dicendoci, 15 anni fa, di essere “affamati e folli”. Canta Fulminacci, il fenomeno di quest’anno (22 anni): “Proponimi dei sogni, ai soldi ci pensiamo quando siamo grandi”. Noialtri, invece, ripetiamo che non possiamo sognare perché non abbiamo i soldi.
Paolo Di Paolo ha scritto sull’ultimo numero dell’Espresso che il Mastroianni de “La Terrazza” si sbagliava quando diceva che le epoche si chiudono all’improvviso, perché certe epoche non finiscono mai di morire. E invece aveva ragione eccome. Noi credevamo che saremmo stati destinati a pappamolli sempre più pappamolli e invece guardate che bei ventenni affamati e composti e colorati e talentuosi che, di colpo, ci stanno arrivando sotto casa. Speriamo ce le diano di santa ragione.
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