Roma. “L’ecologismo contemporaneo, almeno nella forma estrema che avanza attraverso i media, non è tanto un desiderio di preservare la natura, quanto una forma di misantropia”. Saggista (il suo ultimo libro è “Éloge de l’hypocrisie”), presidente dell’Institut Sapiens e docente all’Università di Bordeaux, Olivier Babeau ritiene che l’ambientalismo di cui siamo testimoni non sia altro che un nuovo progetto collettivo degli occidentali: “Sparire senza lasciare traccia. La preoccupazione per l’ambiente oggi assume la forma di una costante per ridurre al minimo la nostra ‘impronta’”, dice Babeau al Foglio. “Al di là del biossido di carbonio, sono più in generale tutte le tracce del passaggio degli esseri umani sulla Terra che sono destinate a scomparire, comprese quelle che non costituiscono una minaccia per l’ecosistema. Questa è una sorprendente novità del nostro tempo. Nell’antichità, si credeva che il morto conservasse una qualche forma di esistenza finché qualcuno se ne ricordava. Tutti i grandi governanti, dai faraoni ai presidenti della Repubblica ai re, si preoccupavano di lasciare le tracce più brillanti possibili del loro regno o mandato. Lo stesso cittadino comune, in passato, sognava di essere un costruttore. Desiderava, come aveva scritto Berlioz, ‘lasciare sulla Terra alcune tracce della sua esistenza’. Non c’era niente di più bello e invidiabile che segnare il proprio tempo e la Terra con il proprio passaggio”.
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