“I figli costano”
Agli italiani aver smesso di farne costerà seimila euro a testa e un quarto del pil. Lo studio-choc di Bertelsmann
Roma. Quando l’Istat fa uscire uno dei suoi bollettini ormai è sempre un “nuovo minimo storico di nascite dall’Unità d’Italia” da aggiornare: i nati, che nel 2017 erano 458.151, nel 2018 sono scesi a 439.747. Anche a Milano, dove non si sono mai registrati tanti nuovi residenti, è record di culle vuote: 9.671 nascite rispetto alle precedenti 10.831. La capitale finanziaria d’Italia rientra ormai nello studio della “città post-familiare” osservata dai sociologi Richard Lloyd e Terry Nichols Clark. Quanto ci costerà questa denatalità massiccia causata dall’uscita di milioni di persone dal mondo del lavoro, dalla perdita di peso della famiglia, dalla contrazione di investimenti e consumi e soprattutto dall’aumento della spesa pensionistica e del debito pubblico? Lo ha calcolato il più prestigioso think tank tedesco, la Bertelsmann Stiftung. “La bomba demografica a orologeria dell’Europa”, titolava ieri il Financial Times, rendendone conto. Il numero di persone in età lavorativa, tra i 20 e i 64 anni, ha raggiunto il picco in Europa nel 2010. Quest’anno ci sarà un calo di 12 milioni, nel 2035 di 50 milioni. Martina Lizarazo López, demografa della Bertelsmann, ha calcolato che entro una generazione a causa dell’invecchiamento il reddito medio pro capite di Italia, Spagna, Austria e Germania crollerà fino a 6.548 euro pro capite rispetto al 2010. “Il cambiamento demografico sta portando a enormi perdite di reddito nei paesi sviluppati”, recita lo studio. Gli italiani saranno più poveri per 6.072 euro a testa.
“Si prevede che la popolazione in età lavorativa in Italia invecchierà significativamente e si ridurrà nei prossimi 30 anni con un calo del 23 per cento tra il 2018 e il 2050”, continua la ricerca. “La crescita del pil sarà significativamente attenuata dall’invecchiamento demografico: meno 6 per cento nel 2030, il 15 per cento nel 2040 e quasi il 25 per cento nel 2050”. In termini assoluti, scrive Bertelsmann, “l’invecchiamento demografico attenuerà il pil italiano di 286 miliardi nel 2040 e di 493 miliardi di euro nel 2050”. Così andrà per il pil pro capite: “Nel 2030 sarà inferiore di circa mille euro, nel 2040 di 3.400 euro e nel 2050 di 6.000 euro”.
Anche ai vertici dell’Eurozona da tempo si solleva l’allarme demografico: dall’ex vicepresidente della Bce, il portoghese Vítor Constâncio, che ha affermato che “l’Europa sta commettendo un suicidio demografico collettivo”, a Mario Draghi, che dalla cartolina di Jackson Hole ha detto che il crollo delle nascite e l’invecchiamento – assieme all’aumento del debito pubblico – minacciano l’Europa in un effetto a catena di denatalità, indebitamento e bassa crescita. “L’Europa sta perdendo il suo posto al centro del mondo a causa della demografia”, scrive anche Politico che cita uno studio del Pardee Center dell’Università di Denver. I ventotto paesi Ue rappresentavano un terzo del pil mondiale nel 1960. Alla fine del secolo ne rappresenteranno appena un decimo. Una perdita di peso economico che andrà di pari passo con quella demografica. “I paesi della Ue costituivano il 13 per cento della popolazione mondiale nel 1960 e sono destinati a rappresentarne meno del 7 per cento nel 2020 e il 4 per cento nel 2100”. La croata Dubravka Šuica è la nuova commissaria Ue per la Democrazia e la Demografia e ha delineato il suo lavoro per i prossimi cinque anni: “Garantire che l’Europa capisca e risponda a una delle sue sfide più profonde, il cambiamento demografico”.
Il grande demografo francese Alfred Sauvy ha scritto che “l’Europa è destinata a diventare un continente di vecchi, che vivono in case vecchie, con vecchie idee” e che “l’invecchiamento ha colpito molte popolazioni nella storia: Grecia, Roma e Venezia sono gli esempi più famosi. Ogni volta era la morte della società”. Ora si calcola il costo del nostro funerale.
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