Certo che i grassi soffrono il giusto e l’ingiusto, ma chi non soffre? Soffrono i bassi, gli alti, i miopi, gli imbranati, gli storpi, i segaligni, i nasuti, gli snasati, i brutti, i poveri, i malati, e soffrono gli innamorati disprezzati e i cornuti, e quanto, che glielo si rinfacci con un insulto o no. Il punto non è la sofferenza, e la violenza che la genera e la codifica nella diffusa pratica dell’odio o dello spregio, il punto è se sia opportuno medicalizzare la sofferenza come una malattia sociale, trasformare le curve della genetica o la grande bouffe in “disturbo alimentare compulsivo”, e dei disturbati fare vittime. Filippo Sensi, enorme portavoce che si è rimpicciolito per il gusto di vivere una nuova sua vita, ha detto alla Camera e sui giornali cose sagge e giuste, prese una per una, e con un tono sereno, accattivante se vogliamo ma non accattone d’affetto. E’ stato corretto, non politicamente o ideologicamente corretto. Ma presa nel suo insieme, la sua orazione pro ciccia, commovente e applaudita da una platea di magri e falsi magri, può recare nocumento a chi da sempre combatte la stessa buona battaglia su altri spalti.
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