Il colpo del Capo

Michele Masneri

Economia bloccata, ma “l’amarissimo che fa benissimo” diventa italiano. L’Amaro calabrese si compra un rivale estero, lo storico Petrus Boonekamp. Ricordi di un’altra Italia

Roma. Nell’Italia a testa in giù, in cui l’amaro Ramazzotti coi suoi claim storici (sì, quello lì sulla Milano da bere) si riconverte a produrre disinfettante, è una gran consolazione la notizia del collega Amaro del Capo che addirittura si compra un rivale estero. E questa acquisizione, poi. L’olandese Petrus Boonekamp, per i più arzilli, compreso chi scrive, era e rimane “l’amarissimo che fa benissimo”, nato con Carosello ma poi arrivato a tutti gli anni Ottanta. 

Faceva parte di uno di quegli slogan “larger than life” di quel periodo – “Noi siamo scienza. Non fantascienza”; “Così tenero che si taglia con un grissino”, “Il gusto pieno della vita”, oggi oggetto di rimpianti e ricordi affezionati; tant’è vero che la Barilla per segnare un top di espressionismo e rilanciare sentimenti di unità in questi giorni ha ritirato fuori insieme al vocione di Sophia Loren la vecchia musica degli antichi spot suoi di Vangelis, quella che a un certo punto ci insegnavano a suonare col flauto di plastica Hohner a scuola; quella che quando la “locomotiva Italia” tirava, negli anni senza Mes (ma con molto Punt e Mes), ci faceva sognare nelle nostre province tribali un manager molto fico che saliva sui colli senesi tornando da un viaggio “d’affari” fino a un villone almeno mediceo con la sua Mercedes serie S (design Bruno Sacco).

 

Che ricordi, anche di quell’Italia lì. Però con l’economia bloccata e la povera Milano riconvertita (Armani che fa i camici, ecc.), ecco che una delle poche acquisizioni in corso arriva dall’übersud. Non sarà magari la crescita che arriva dal Mezzogiorno, come qualche romantico vagheggia, però è rassicurante. L’Amaro del Capo è sempre stato un culto un po’ di nicchia, in un paese divisivo anche in materia; tra Averna, Montenegro, Lucano, una scelta autorevole e originale, come i Radicali di Pannella o gli amanti del cambio automatico. Adesso assurgerà invece a stellone di unità nazionale, da guilty pleasure che era, da consumarsi magari d’estate laggiù sulle spiagge cristalline (e in loco, a Capo Vaticano, ospite delle magnifiche case Berto edificate dall’autore del “Male oscuro”, che era emigrato da Roma al contrario, si videro anche gonfiabili anzi “inflatable” a forma di bottiglia di “Capo”. Per dire la rilevanza territoriale). “I nostri migliori propagandisti sono i calabresi che, ovunque nel mondo, desiderano il loro amaro” aveva detto con realismo l’erede della famiglia proprietaria dell’amaro, i Caffo, qualche anno fa in un’intervista.

 

E così siamo tutti calabresi, oggi, si dovrebbe dire: mentre issiamo golden power contro le invasioni del prestigioso estero, mentre russi e cinesi calpestano a vario titolo il sacro suolo patrio, ecco che quella terra scabra ma generosa va a far conquiste. E addirittura in Olanda, dove il Petrus fu inventato secoli fa; terra oggi dei falchi e paradiso fiscale, e già di perniciose libertà personali. Siamo decisamente dalla parte giusta della storia, come ha detto il premier Conte nell’annuncio alla Nazione. Ma anche della geografia. I “claim” sono variati nel tempo, ci fu anche un “Fatti il Capo” che in tempi di metoo oggi non andrebbe assolutamente più bene, in quel filone un po’ “io ce l’ho profumato”, l’Italia delle poliziotte e vigilesse, ma oggi il Capo si è aggiornato, sul “Caffo store” online ci sono le birre artigianali “Calabrau”, il “Caffo Solara”, come i fratelli pessimi dell’Amica geniale (liquorino all’arancia), e un “Indianello” – “dal polposo fico d’India tipico del nostro Meridione, un liquore ideale per il pomeriggio, magari assaporato insieme a un dolce”, insomma sotto il Capo c’è un mondo. Però, come per i riti identitari, come la regina Elisabetta a Windsor o il festival di Sanremo, il Capo lo vogliamo sempre uguale a sé stesso. (E su Facebook, nella pagina del Capo amata da quasi trecentomila follower, pure il consolato di Bielorussia a Reggio comunica: “Sono anni che lo gustiamo!”). In questo mondo in cui crolla ogni certezza, se dovesse saltare pure la globalizzazione, signora mia, avremo pur sempre i calabresi nel mondo (e il mondo in Calabria, vabbè).

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