Disciplinare la ripresa è un compito pubblico quasi impossibile, almeno nei paesi latini. Se è vietato fumare, se ce lo si vieta assolutamente, va bene, ci si adegua, magari con sforzo, ma se bisogna ridurre il numero delle sigarette è un casino, la volontà si intorcina nella dipendenza, nel gusto, nel desiderio libero di manifestarsi e deluso della benché minima insoddisfazione. La disciplina del tutto o niente, il ritorno hopperiano alla malinconia solitaria urbana, quella che Hughes chiamava la frontiera interiore di una certa umanità del Novecento, si è rivelato un carattere sottotraccia anche di noi i più futili, i più goderecci, i più sociali. Diverso è distanziarsi in una fila per i bus o per il ristorante o per l’ombrellone, e poi restare distanti in modo eloquente per il virus che contagia e affratella, diverso è dimostrare ogni giorno, con adesione graduale a regole difficili da interpretare, che in fondo salutarsi, toccarsi, avvicinarsi, parlarsi cordialmente, chiedere una informazione al conduttore, sbattere gli uni contro gli altri è qualcosa che si può surrogare con altro.
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