Il muro delle nascite

Giulio Meotti

L’Italia sotto 400 mila nati. Sarà uno choc. “Gli asili si svuoteranno, gli ospizi si riempiranno”

Roma. “I 435 mila nati in Italia nel 2019 e i 428 mila che si erano ipotizzati per il 2020 alle condizioni pre-Covid-19, dovrebbero scendere a 426 mila nel bilancio finale del corrente anno, per poi però ridursi a 396 mila, nel caso più sfavorevole, nel 2021”. Così ha spiegato alla Camera Roberto Monducci, direttore del Dipartimento per la produzione statistica dell’Istat. Il superamento del confine simbolico delle 400 mila nascite all’anno era previsto dall’Istituto italiano di statistica solo nel 2032 e nell’ipotesi più pessimistica. E’ come se la pandemia ci avesse tolto 12 anni di curva demografica.

 

Il presidente dell’Istat, Giancarlo Blangiardo, parla di due scenari possibili per l’Italia. Il primo è la Ddr dopo il crollo del Muro. “Un paese che all’epoca dei fatti (fine 1989) aveva quasi 17 milioni di abitanti e registrava circa 200 mila nascite annue; un valore che, a distanza di un triennio, è sceso del 56 per cento attestandosi a meno di 90 mila unità”. Il tasso di fertilità da 1,58 figli per donna è crollato a 0,98 nel 1991 e a 0,83 nel 1992.

 

Il secondo scenario, quello greco, è più realistico. Tra il 2008 e il 2013, la Grecia ha sperimentato un calo delle nascite del 20,4 per cento (da 118 mila a 94 mila all’anno) e un crollo della fertilità del 14 per cento. “E’ una questione di conservazione nazionale”, ha detto Domna Michailidou, ex accademica di Cambridge e ora viceministro del Lavoro che ha voluto un massiccio bonus bebé di duemila euro. Al di là delle proporzioni, il caso tedesco è illuminante per gli effetti a lungo termine. Secondo uno studio dell’Istituto di Berlino per la popolazione e lo sviluppo, il declino della popolazione in età lavorativa nell’ex Ddr sarà del 40 per cento. L’inversione demografica è considerata oggi praticamente impossibile.

 

La popolazione dell’ex Germania orientale si ridurrà da 12,5 milioni nel 2016 a 8,7 milioni entro il 2060, secondo statistiche del governo. Bitterfeld-Wolfen ha visto la popolazione precipitare da 75 mila abitanti nel 1989 ai 40 mila di oggi. Due terzi delle materne e oltre la metà delle scuole hanno chiuso dal 1990. Il numero di alunni che finiscono la scuola secondaria è dimezzato. “La forza lavoro crollerà di un terzo in dieci anni”, ha spiegato Joachim Ragnitz dell’istituto Ifo.

 

E’ lo scenario lasciato intravedere per l’Italia da Antonio Golini, fra i massimi demografi italiani, professore emerito alla Sapienza, accademico dei Lincei, ex presidente dell’Istat e della Commissione dell’Onu sulla popolazione, nonché autore con Marco Valerio Lo Prete di “Italiani poca gente. Il paese ai tempi del malessere demografico” (Luiss University Press). “Scendere sotto alle 400 mila nascite significa che vanno in crisi le strutture che sono dimensionate per ospitare ben più persone e va in crisi il futuro del paese, perché con poche nascite si hanno pochi genitori da qui a trent’anni”, dice Golini al Foglio. “E’ un danno immediato, perché le strutture sarebbero sovrabbondanti, e un danno futuro, perché non si riuscirà ad assicurare il ricambio. Viene ormai meno in Italia anche il sostegno psicologico alla nascita. Oggi fare un figlio è considerato un optional individuale e ci si ritira da questo compito. Ma la nascita ha anche una valenza collettiva. E’ in corso un avvitamento molto pericoloso, bisogna restituire alla nascita il proprio valore sociale. Sarà difficile per l’Italia, forse si prenderà coscienza quando la situazione sarà drammatica e solo allora ce ne renderemo conto”.

 

E quando sarà ancora più drammatica? Conclude Golini al Foglio: “Quando chiuderanno gli asili, gli ospizi si riempiranno e allora la situazione diventerà socialmente insostenibile”. Allora, a fronte di 400 mila nascite ci saranno 800 mila morti ogni anno. Ogni anno perderemo 400 mila persone. Ogni dieci anni, quattro milioni. Un collasso, forse, mascherato dall’immigrazione. Un disastro senza precedenti.

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  • Giulio Meotti
  • Giulio Meotti è giornalista de «Il Foglio» dal 2003. È autore di numerosi libri, fra cui Non smetteremo di danzare. Le storie mai raccontate dei martiri di Israele (Premio Capalbio); Hanno ucciso Charlie Hebdo; La fine dell’Europa (Premio Capri); Israele. L’ultimo Stato europeo; Il suicidio della cultura occidentale; La tomba di Dio; Notre Dame brucia; L’Ultimo Papa d’Occidente? e L’Europa senza ebrei.