Volare: dopo la fase low serve la fase large
Care compagnie aeree, uscire dalla pandemia migliori sarà difficile, ma sperare di essere più comodi sì
Gentile compagnia aerea, non chiedo il rimborso della prenotazione, mi accontento del voucher, ma anche niente, però mi sembra giusto che si esca dalla pandemia non dico migliori, difficile, ma più comodi, doveroso. Una ristrutturazione degli interni degli abitacoli volanti, richiesta da esigenze di sicurezza sanitaria, a quanto pare, sarebbe solo un risarcimento per una vita di scoliosi, di mezze trombosi venose, pantaloni e gonne e giacche strappati, sottile induzione all’odio per l’umanità e i bambini, insomma di sofferenze indicibili sopportate in quell’avvicinamento sociale coatto che sono stati, nel vostro lockinside, full&packed, i sedili sempre più numerosi, sempre più stretti, sempre più ravvicinati di fianco, davanti, di dietro.
L’aviazione commerciale, a parte la prima classe per chi se la può permettere (e con riserva rispetto al costo, e con riserva per la sua estrema rarità in quasi tutti i voli intraeuropei), ha reso grandi servigi all’umanità mobile, ma scomodi. Non si è mai capito in verità perché tutto è diventato con gli anni più veloce, tranne gli aerei, salvo i supersonici. Pare che sia colpa del muro del suono, ma quanti muri sono stati abbattuti con la tecnica e la buona volontà. Comunque, chapeau. Molti pensano sia opportuno vergognarsi del trasporto aereo, anche i celeb con il vettore privato, non io che guardo il cielo di tanto in tanto e non mi rendo conto del danno che possono fargli le scie bianche delle vostre eminenti emissioni. Ma ancor più non si è capito perché tutto è diventato più stretto, goffo, paralizzante, con quei corridoi spaccaginocchi, quelle toilette che costringono alle acrobazie con il pipino e il culetto, quei cassetti penduli e minacciosi dove riporre le carabattole, quelle cinture di sicurezza al risparmio, roba da segaligni, e quegli intasamenti bestiali all’atto di entrare e di uscire, roba da patologia claustrofoba e da blocco cardiocircolatorio.
Ho letto dell’economia low cost, approvo. Allarga la platea degli utenti, rende disponibile un bene un tempo considerato prezioso, la possibilità di muoversi. Si può fare spesso avanti-indietro, movimento fatale della storia dell’umano e nella propagazione della specie. Pensateci però, prima di protestare e rivendicare una cieca e dogmatica fedeltà alla formula del pollaio intensivo, prima di ribellarvi all’idea che anche l’aviazione commerciale può cambiare misura e misure, aprire spazi, rendere lo stile di vita meno promiscuo. Con una risistemazione affidata ai migliori architetti di indoor, e nel rapporto costi ricavi metteteci anche il calo del prezzo del petrolio e le provvigioni e i bonus e le incentivazioni pazzesche degli stati e delle commissioni, non dovrebbe essere poi impossibile avere più mezzi di volo, più sicuri da ogni punto di vista, più diradati nell’obbligo di contatto, più gradevoli e markettabili alle folle inquiete dell’après couronne. Dopo tanto low, con il suo bravo marketing, è arrivato il tempo del fly large, fly abundant, che è anche questa una formula mica male per attirare clienti invece di pazienti. In fede, da un vecchio habitué che pesa circa un quintale e mezzo.
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