Battaglie da #metoo
Dove non è arrivato il Nyt, ci ha pensato Matt Lauer. 4.800 parole per fare a pezzi le inchieste di Ronan Farrow
Non è vero che il New York Times, domenica scorsa, ha smontato l’inchiesta di Ronan Farrow che ha generato il #MeToo. Anche se molti di noi lo hanno scritto, o pensato, non tanto perché fossero in malafede quanto piuttosto perché non aspettavano altro, e allora si sono fatti prendere la mano. E questo è uno dei punti della vicenda: riusciamo, nel decennio più emotivo e meno sentimentale della storia contemporanea, a raccontare, leggere interpretare i fatti senza piegarli a quello che vorremmo che fossero? Il New York Times ha, più cautamente, pubblicato un pezzo di Ben Smith che s’interrogava su come Farrow ha condotto le sue inchieste, evidenziandone le debolezze metodologiche (omissioni, deduzioni non provate, fonti non esplicitate, incongruenze), le forzature, il probabile conflitto personale: tutti elementi che potrebbero aver intorpidito il suo lavoro. Il dibattito sul punto giornalistico, se in Italia è del tutto sfuggito, negli Stati Uniti ha avuto un effetto detonante ma non distruttivo.
Dove non s’è spinto il New York Times, però, martedì è arrivato Matt Lauer, che su Mediaite ha scritto un lungo articolo per smontare il lavoro di Farrow, almeno nella parte che lo riguarda. Il Nyt ha intitolato “Is Ronan Farrow too good to be true?”, mentre Mediaite ha intitolato “Why Ronan Farrow is indeed too good to be true”. Sta tutto in quell’indeed, che ha trasformato l’interrogativa in un’affermativa. In “Catch and Kill”, il libro (uscito l’anno scorso) in cui Farrow racconta com’è stato lavorare all’inchiesta contro Weinstein, le pressioni che ha subìto prima e dopo la sua pubblicazione, le storie di altri “predatori sessuali”, Lauer viene accusato di aver stuprato Brooke Nevils.
Martedì 19 maggio 2020 Matt Lauer ha accusato Farrow di fare giornalismo distorto nel suo libro "Catch and Kill"
Per aver avuto una relazione con la quale, nel 2017, aveva perso il lavoro alla Nbc, dopo 25 anni di onorata carriera, accusato di violazione della policy aziendale – non svenite, negli Stati Uniti funziona così: i dipendenti firmano dei love contract che stabiliscono che tipo di relazioni possono intercorrere tra colleghi, quante volte si può uscire insieme, quante volte si può chiedere di farlo senza che questo diventi una molestia sessuale (uno di quei mores che in Italia ci renderebbero tutti molto entusiasti dello smartworking). La relazione “consensuale ma inappropriata” tra Lauer e Brooke Nevils, nel libro di Farrow è raccontata come una storia di abusi, violenze, stupri d’ufficio (peraltro in ufficio). Come mai, quando Lauer perde il lavoro, nel 2017, Nevils non fa parola con nessun avvocato delle violenze che, due anni dopo, racconta a un giornalista? Ma è ovvio: temeva ritorsioni. Da uno che è stato licenziato. Nelle sue 4.800 parole per Mediaite, Lauer si prende la briga di citare molti punti del libro di Farrow e di contestarli, fornendo le prove di ciò che contesta.
Esempio (non è il più succoso, ma rende l’idea di come ha proceduto Lauer): “Farrow scrive che una volta ho stuprato Nevils nel mio ufficio, chiudendo la porta con un pulsante: la Nbc ha negato che le porte dei nostri uffici si chiudano con un pulsante. Farrow scrive che dopo lo stupro, Nevils svenne e la mia assistente la portò in infermeria, ma non ha mai chiesto alla mia assistente se sia accaduto. Però l’ho fatto io”.
Altro esempio (più succoso): “Quando Nevils cambia ufficio dopo il mio licenziamento, racconta al suo nuovo capo cosa è accaduto. Mi ci sono voluti 15 minuti per rintracciare quel capo e scoprire che Nevils non parlò mai di violenze subite da me, ma di una relazione consensuale che aveva avuto con me”. Con quel capo, invece, Farrow non ha mai parlato. Finora, la risposta del Pulitzer del #MeToo alle 4.800 parole di Lauer, un uomo che una mattina di pochi mesi fa ha aperto i giornali e ha scoperto d’essere uno stupratore perché così era scritto nel nuovo libro di RF, è un cip di Twitter in cui specifica che tutto quello che ha scritto su Lauer è esatto e che “Catch and Kill” è stato accuratamente documentato e verificato, “including with Matt Lauer himself”.
All I’ll say on this is that Matt Lauer is just wrong. Catch and Kill was thoroughly reported and fact-checked, including with Matt Lauer himself.
— Ronan Farrow (@RonanFarrow) May 19, 2020
Ci aspettano mesi di scuola di giornalismo, e pure gratis. Che meraviglia.
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