Il lockdown e la città deserta, in attesa della sua “terribile esistenza sonora”. Ma ora, destati dal silenzio, abbiamo trovato un contesto totalmente mutato. La fase 2, la pianificazione dell’esperienza e la fine dei piaceri occasionali
All’inizio degli anni Cinquanta la Rai aprì a Milano uno studio di “fonologia musicale”. In quella sede alcuni grandi musicisti dell’epoca sperimentarono nuove possibilità di trattamento del suono con le pesanti tecnologie elettroniche messe a disposizione dall’ente pubblico. Ne uscì un gran capolavoro: Ritratto di città (1955). Un esperimento di prosa radiofonica, condotto da Luciano Berio e Bruno Maderna, che con la scusa di creare una perfetta sintesi tra testo parlato e suoni prodotti in studio, impresse su disco un’eccellente rappresentazione dell’alba cittadina. Il ritratto si apre, appunto, con il risveglio di Milano, dopo che per la breve parentesi notturna il silenzio, in maniera quasi stupefacente, si era impossessato degli spazi urbani. Ritratto di città restituisce all’ascoltatore il senso di quell’attimo di sospensione. Il testo dell’opera, scritto da Roberto Leydi recita infatti così: “Per un minuto, o un’ora, o un secondo non importa, la città smarrisce, nel tacere inspiegabile di ogni voce, anche il senso, il peso e la dimensione della sua terribile esistenza sonora. Sul pulsare segreto e interiore del suo ritmo biologico, inarcata e tesa sin quasi a spezzarsi in ogni minima particella dell’aria, la città aspetta… un’altra giornata”.
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