L’odio per la propria terra andrebbe lasciato ai Gadda e agli Arbasino, non alla cattiva digestione dei Saviano. La storia, il risentimento (di sinistra) per la ricchezza e l’industria, il grillismo e altro
Io non so perché ma è dall’inizio del coronavirus che ho in mente questo meme, c’è Heidi quella del cartone animato giapponese che spinge la sua amica (poliomielitica) sulla carrozzina sul bordo di un burrone. Sopra hanno messo le parole. Heidi: “Di dove sei?”. Lei: “Milano”. “Taaac!”. E la butta di sotto. Rido sempre, come certe barzellette dell’asilo, l’ho whatsappata persino al mio amico medico di base. Non so perché. O invece sì. In fondo, nel giochino dell’asilo creato dai burloni dei social c’è tutto quello che stava accadendo e sarebbe accaduto, come esplosione di odio e rancore verso Milano e la Lombardia. Ma loro ci erano arrivati d’intuito, con l’ironia basica del luogo comune, e con qualche settimana d’anticipo sugli insopportabili tromboni dal metabolismo mentale lento come Roberto Saviano o Michele Serra. Per non dire di quell’arnese brutto di Christian Raimo, calembourista da bar che ha sputato su Twitter un “Milano da bare” nei giorni più tragici di Bergamo, e ne andava fiero.
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