Educazione sessuale a reti unificate
Le abitudini e i problemi di letto degli italiani in lockdown e la task force Durex
Sugli usi e costumi degli italiani durante il lockdown abbiamo detto, stradetto e, soprattutto, predetto. Naturalmente, il più delle volte, sbagliando. Per ottimismo, di certo, e poi per presunzione, pigrizia, agitazione, fretta, paura. Sul sesso, sebbene non fosse un non sequitur aspettarsi che ne avremmo fatto di più, e meglio, visto che siamo rimasti in casa per mesi, scopriamo oggi d’essere stati, se non proprio superficiali, almeno ingenui.
Ci aspettavamo che si sarebbero sfasciate famiglie, e invece l’Istat due settimane fa ci ha fatto sapere che, nelle case degli italiani, è andato tutto bene.
Nelle prime settimane della quarantena arrivavano notizie di impennate di acquisti di completini sexy e sex toys: leggevamo, in quei dati, ammirevoli tentativi di rinfocolare la passione da parte di congiunti prossimi all’odio, trovandoci per la prima volta a valutare la rassegnazione come possibile motore di riavvicinamento erotico, sentimentale e persino coniugale. E invece no. Ieri la Durex ha pubblicato un’indagine che ha condotto, insieme ad Anlaids, la prima associazione nata in Italia (era il 1985) per contrastare la diffusione dell’Hiv, su come siano cambiate le abitudini sessuali degli italiani durante la quarantena, dalla quale risulta che l’83 per cento di noi ha avvertito un calo del desiderio. Con le dovute distinzioni. I single, com’è ovvio, hanno ridotto più di tutti: il 98 per cento di loro ha sentito attenuarsi gli impulsi. Per gli sposati o fidanzati o diversamente affiliati non è andata tanto diversamente: per il 65 per cento di loro l’attività sessuale si è ridotta e, soprattutto, per il 73 per cento di loro è diventata meno soddisfacente, e noi lì a preoccuparci di scrittori che non riuscivano più a scrivere e leggere.
Le ragioni della parabola discendente sono quattro, tutte interessanti, alcune parecchio italiane: presenza di bambini in casa; interruzione della mobilità; ansia e paura del contagio; obbligo di distanziamento sociale. La ricerca di Durex è la prima di una serie di altre che confluiranno nell’ambizioso progetto dell’azienda di offrire al paese qualche rudimento di educazione sessuale, disciplina nella quale gli italiani eccellono quanto in computing quantistico, geografia, e storia contemporanea, e visto anche che, sebbene si siano tutti guardati bene dal limonare, a nessuno è venuto in mente di usare il preservativo (dai dati della ricerca risulta che l’uso di preservativi è rimasto invariato: meno di un maschio su due, sia dentro che fuori casa). Come usa e forse per sempre userà, la Durex ha pensato di costituire una task force, ché ormai costituirsi in task force è come laurearsi: il solo modo per avere una credibilità. Noi ci saremmo fidati lo stesso, ma siamo contenti che alla guida dei contenuti scientifici ci sia il professor Massimo Galli dell’Ospedale Sacco di Milano, e stai a vedere che si riuscirà laddove l’Opera Buffa di Guccini e “Noi e il nostro corpo” non sono mai riusciti.
L’Italia, del resto, sta tutta in quel calo del desiderio dovuto alla presenza di bambini in casa, e chissà quante task force serviranno per rimuovere il doppio inghippo che è lì racchiuso. Come tutti abbiamo sperimentato, le famiglie italiane sono più rumorose dei romani a cena fuori in “Roma” di Fellini, e quindi non ci si può aspettare che allevino adulti capaci di fare sesso in modo silenzioso, senza svegliare la prole. E questo è un punto, di certo correggibile ma, di fatto, insuperabile. L’altro punto è più complesso: gli italiani, pur amando molto il sesso, o almeno così dicono le barzellette internazionali (ah, maledetta appropriazione culturale!), se ne vergognano moltissimo, e infatti raccontano ai propri figli che i bambini nascono sotto i cavoli (lo facevano i boomer e, molto più di loro, lo fanno i millennial che tecnicamente sono figli della rivoluzione sessuale). E’ al contrasto dell’inibizione sessuale, che è da sempre causa di drammi, frustrazioni, angosce, malattie, violenze, e tutta una serie di altri orrori che imputiamo al patriarcato, che vorremmo fosse dedicata una task force. Va bene anche una conferenza stampa quotidiana, a reti unificate, in fascia non protetta.