Amazon ci fa bene
L’exploit dell’e-commerce fa sorgere il dubbio: davvero abbiamo ancora bisogno di negozi e botteghe?
Ricordate quando temevamo l’e-commerce, e lo incolpavamo di moltissime cose, dall’invasione di alimentari bengalesi nei centri storici al caporalato, e firmavamo petizioni per fermare la chiusura di negozi in cui non mettevamo piede ma che amavamo perché davano un tono al nostro quartiere, e blateravamo di botteghe artigiane, convinti che gli affreschi di Ambrogio Lorenzetti potessero indicarci la via maestra per un futuro sostenibile o almeno decente? Che noiosi eravamo. Poi è arrivato il Covid e abbiamo quasi completamente scordato quelle reticenze, che in verità avevano preso a diluirsi da prima, anche se in modo sottaciuto, come piace a noi, popolo di massa silenziosa. Amazon, per tutta la quarantena, non ha fatto che registrare rialzi; il carico del lavoro è così aumentato che sono state assunte quasi 200 mila persone. Venerdì scorso il Financial Times ha inserito il colosso al primo posto della lista delle cento aziende che in questi mesi hanno prosperato, seguito tra gli altri da Microsoft, Apple, Tesla, Spotify, PayPal, Netflix, Zoom, Teladoc Health (piattaforma di consulenza medica), AstraZeneca (azienda farmaceutica che la scorsa settimana si è impegnata ad assicurare la produzione di 2 miliardi di dosi di un vaccino anti Covid che è già in fase sperimentale sull’uomo), L’Oreal (dove il 20 per cento del fatturato arriva da un e-commerce tra i più competitivi del settore cosmetico).
La quarantena ha obbligato anche i più cocciuti e romantici misoneisti acquirenti al dettaglio a fare la spesa online e, come sempre accade, di necessità s’è fatta virtù. Le abitudini di consumo sono irrimediabilmente cambiate, e i misoneisti non torneranno indietro dopo avere scoperto l’agio della consegna a domicilio, vera coccola postmoderna, democratica e universale.
Beppe Severgnini ha scritto sul Corriere che lui aveva predetto, anni fa, la chiusura lenta e inesorabile dei negozi, e adesso gli dispiace avere avuto ragione. Lui sapeva che prima o poi gli e-commerce “avrebbero sfondato il muro della diffidenza italiana, sempre robusto” e soprattutto che “la società occidentale s’impigrisce in modo progressivo e rapido”. Ha ragione. Ne ha un po’ meno, forse, quando scrive che la disponibilità di film in streaming su Netflix, di amicizie su Facebook, di flirt su Tinder, di libri su Amazon, di lettori su Audible ha fatto sì che non andiamo quasi più verso le cose e pretendiamo, invece, che quelle arrivino a noi. Siamo proprio sicuri che potere comprare su Amazon un libro e riceverlo in 24 ore – dopo che per mesi lo abbiamo chiesto, richiesto, preordinato, ordinato in una libreria di certo assai bella e purtroppo gestita da uno scortese libraio, naturalmente invano – faccia di noi dei rinunciatari oziosi contenti della parte che hanno, e cioè quella di chi sta a casa in mutande a telelavorare e teleconsumare, seduti sempre sulla stessa sedia? Siamo certi che alle nostre città e alla nostra socialità farà male la riduzione dei negozi fisici e delle botteghe artigiane (estetizzante etichetta dietro la quale non di rado si nascondono rivenditori di fischietti e magneti per il frigorifero, postacci che quando firmiamo le petizioni contro “la turistizzazione selvaggia del centro storico!”, chiediamo che vengano ridotti, controllati, contingentati).
E’ possibile e auspicabile un mondo dove non troverà più spazio il pizzicagnolo che ti fa assaggiare le olive greche e ti serve prosciutto crudo tagliato al coltello davanti a te mentre discuti la legge di Bilancio guadagnandoti l’ammirazione di tutti gli altri clienti in fila dietro di te? Abbiamo bisogno di dibattere con i commessi e flirtare tra gli scaffali? Un mondo con meno negozi sarebbe più vuoto, più triste, più povero, meno seducente? E se cominciassimo a uscire di meno per comprare e di più per incontrarci, non più oberati da sacchetti e quasi mai distratti da vetrine, siamo convinti che diventeremmo pigri rinunciatari e non rimarremmo, invece, i soliti stronzi, però più liberi? “Ecco i negozi, si può tacere senza dare il silenzio come spiegazione”, cantava Battisti. E pensate al vantaggio di poter tacere senza dare il silenzio come spiegazione a chi vive in casa con noi, quando il negozio lo abbiamo nel pc del salotto.
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