Dopo un po’ la percepisci quella strana sensazione: la nostalgia dell’americano. Si sente lancinante la mancanza del cappellino, dell’occhialone da sole, del bermudone con ciabatta, così identitaria per esempio del centro storico romano (da aprile in poi, infatti: sciaff, sciaff, ascolta, ecco i flip-flop, è cominciata la stagione). Quest’anno, niente. E se i leghisti brutti sporchi e cattivi suggeriscono che si fanno entrare i clandestini covidici e si respingono invece i turisti affluenti, fanno impressione le piazze, ma anche gli alberghi, a Roma il Raphaël o il Plaza o l’Hassler, sbarrati, in attesa di tempi migliori e del cliente ciabattone ma allegro, dalla larga mancia e dall’amore per “Florence, Venice and the Vatican”. Pura aristocrazia da Orient Express rispetto all’arabo sinistro e al russo trucibaldo. Così, tutta la penisola è unita dalla grande nostalgia per l’americano, che quest’estate non arriva, trattenuto dalle normative: la maggior parte dei paesi europei ha riaperto le frontiere a una lista di paesi “sicuri”, ma tra questi non figurano gli Stati Uniti, assai contagiati.
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