L’atmosfera è a dir poco surreale; nel grande Teatro comunale di Bolzano ti trovi solo tra 800 poltrone di velluto rosso: vuote. Una gentile accompagnatrice ti conduce in un posto dalla prospettiva centrale, e stai li a sipario chiuso e luci accese per qualche minuto. Giusto il tempo per passare in rapida rassegna i tanti spettacoli visti proprio in quel teatro, ma a platea ricolma, e tra la voracità di un pubblico dalle reazioni sempre dirette e, per questo, raro: capace di ammutinarsi, di richiedere indietro i soldi del biglietto. Come quando, nel 2009, la coreografa Maguy Marin – un “monstre sacré” della danza internazionale – vi presentò la sua “Iliade”, o “Description d’un combat”, spettacolo memorabile, dai movimenti essenziali e dalle molte parole omeriche biascicate in latino, francese, inglese, russo… Ma, ahinoi, privo dei sottotitoli in tedesco per il pubblico altoatesino. Tumulto inenarrabile; pianto della coreografa – non certo un fragile cardellino – dietro le quinte.
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