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Pene d'amor perduti. Fenomenologia del maschio del terzo millennio

Valeria Montebello

Chatti di filosofia con uno su Instagram, e quello subito ti manda la foto del suo uccello. Ammosciato per sexting analfabeta

“Su cos’hai scritto la tesi?”. “Sul concetto di inoperosità nel pensiero di Agamben”. Dopo qualche battuta filosofica su Instagram, in direct, arriva una foto nera con sopra questa scritta: “L’immagine è sfocata per proteggerti da contenuti indesiderati. Tocca per visualizzarla”. Tocco, ovviamente. Scatto del pene con vicino una montagna di libri. Il pene non regge il confronto, l’unica cosa da fare è zoomare sui titoli e capire se bloccarlo in base alle sue scelte di lettura. Cosa collega Agamben a una dick pic? Forse è sbagliato parlare di filosofia su Instagram quanto mandare una foto del proprio pene non richiesta ma è impossibile capire quale fusione cerebrale abbia permesso questo salto nella conversazione. Allora chiedi consiglio: l’inoperosità può essere eccitante? Sarà sapiosessuale o è solo un maniaco? 

   


Mandarlo a una sconosciuta è un’impresa coraggiosa, quasi una performance artistica. Un atto di fede e coraggio in tempi di #MeToo


     

La pratica di mandare una foto del pene fuori contesto è sempre più comune. Se lo si fa su una qualsiasi app d’incontri te lo aspetti, se lo fai con uno che stai frequentando, magari siete lontani, e iniziate a fare sexting – le quotazioni del sexting durante il Covid 19 sono aumentate del 99,9 per cento: nonostante non fosse merce di scambio reale il pene è stato fotografato tanto quanto il pane fatto con il lievito madre. Certo, la dick pic ha un potere seduttivo maggiore delle poesie di Neruda, ma ricevere un pene dal nulla, mentre parli del tempo o della ricetta della torta alle mele, può confondere. Quando posti una Stories delle tue gambe ustionate, non riceverai più (solo) cuori ma svariate foto di cazzi. Mandarlo a una sconosciuta è un’impresa coraggiosa, il pene fuori contesto è quasi una performance artistica, di quelle che fanno strabuzzare gli occhi e subito dopo ingrandire la foto per guardare ogni dettaglio, ogni vena, ogni pelo. E’ un atto di fede e coraggio soprattutto in tempi di #MeToo: se oggi uno ti mette la mano sulla spalla ti sta molestando. Dopo il massiccio hacking di iCloud delle celebrità e gli scandali da dick pic inopportune, immortalare e mandare i genitali è come spogliarsi in un centro commerciale. Nonostante ciò nessuno ha smesso, anzi. Più si rischia più si ha voglia. Questa tipa fa la giornalista ma non fa niente, rischiamo. Quest’altra fa l’avvocato ma non fa niente, rischiamo. In generale le donne sono pazze ma non fa niente, senza rischi la vita non è vita.

     

Per non parlare del fatto che è automatico, se lo mandi lo vedranno in tanti. Nessuno se lo tiene per sé, pensare che i tuoi nudi saranno al sicuro è come credere alle scie chimiche. Tutti quelli che dicono “peggio per lui che ha mandato la foto del suo pene” non considerano la propensione umana al rischio e che l’eccitazione non risponde al raziocinio: in quel momento ti fidi e basta. Il rischio è quello che si è preso Jeff Bezos che, mentre scattava la foto al suo pene e premeva invio, si sarà detto rischierò 65 miliardi di dollari per questa eiaculazione e mi sta bene. Nemmeno la prefigurazione delle azioni di Amazon che calavano gli hanno fatto perdere l’erezione. Stessa cosa per il membro del Congresso Anthony Weiner che ha mandato foto del suo pene a tutto il paese e poi – ops – a una ragazza di 15 anni. Donald Trump potrebbe essere diventato presidente per la foto di un pene flaccido. La versione canadese dello scandalo Weiner è il caso Tony Clement. Il parlamentare conservatore che per hobby importunava ragazze su Instagram, si è scambiato foto esplicite con una che pensava “fosse consenziente”. A quanto pare non lo era. Anche se nulla potrà mai superare la decisione di Weiner di provare la terapia equina per la sua dipendenza da sexting, Clement si è dato allo yoga e ai delfini per diventare un maschio meno tossico. A sua discolpa Bezos stava facendo sexting consenziente con la giornalista Lauren Sanchez – è una pratica comune ormai. Se si è in una relazione è quasi inevitabile che i partner abbiano delle foto compromettenti l’uno dell’altra sui rispettivi iPhone. Questo è solo uno dei tanti rischi delle frequentazioni moderne, insieme all’HPV e agli anelli vibranti.

    

Come regola di base, tutti dovrebbero sapere che se invii a qualcuno una foto sexy, c’è una probabilità molto alta che la mostrerà ad almeno a un’altra persona. O che il tuo pene finisca in gruppo WhatsApp in cui un po’ di amiche si scambiano dick pic e consigli per l’uso, in un catalogo privato di materiale erotico audiovisivo, in un’enciclopedia di peni con nomi e cognomi, tutti schedati. Cosa vuol dire questo? Che non bisogna più inviare foto del pene? No, solo che deve avere un bell’aspetto. Le donne si lamentano della mancanza di contesto, del fatto che non sia inserito in una narrazione erotica e passionale, questo le inquieta e subito chiedono aiuto alle amiche – che devono guardarsi anche i peni delle altre. Già se ne vedono dal vivo, nei porno, nei cartoni della Disney, anche i peni delle proprie amiche diventa complesso da gestire. Come ci sono regole per fare i selfie ci sono per le foto dell’uccello. Il setting in cui è scattata, gli oggetti che ci sono intorno, la luce e il resto ti può dare l’idea di chi hai davanti. Inviare una foto della sola asta equivale a una ragazza che ti invia un’immagine ingrandita del suo clitoride. Includi almeno un’altra parte del tuo corpo nella cornice, preferibilmente il busto, piuttosto che lo sfortunato classico cazzo più piedi, magari con i calzini.

       


Il problema sono i testi che li accompagnano. Nessuno vuole sapere che sei a letto a toccare il tuo “coagulo”. Qualcuno fa l’aulico


     

Ci sono i registi della dick pic che, anche in questo caso, come in tutto il resto nella loro vita, devono apparire perfetti. Prima di fare la foto aggiustano le luci, stirano le lenzuola, immacolate, puntano l’abat-jour per eliminare ogni imperfezione e creare le ombre giuste. Nel rullino dell’iPhone hanno almeno 200 tentativi di foto fallite. Dopo qualche ora, quando la scenografia è soddisfacente – lei è già andata a dormire e lui non si alza più – si può inviare quest’opera d’arte direttamente al Moma. A volte usano addirittura i filtri per levigare meglio. Inarcano la schiena, o fanno quella faccia in cui accartocci la bocca di lato, come un’anatra che ha avuto un ictus. Ci sono i romantici: solo luce naturale preferibilmente scattate al tramonto. Niente filtri, niente di artificiale, magari con un fiorellino vicino. Ci sono gli psycho: bagliore del flash o della torcia, illuminazione da pc o tv da film horror. Angolazioni spaventose. Biancheria ammucchiata, bottiglia finita sul comodino, psicofarmaci, fazzolettini usati sullo sfondo, crocifissi, creme e balsami. Cornici con fiorellini – di solito gli over 50 usano le stesse cornici che mettono su Facebook con dentro scritto “Buongiorno” per infilarci la foto del pene e dire “Buonasera” su Instagram. Ci sono gli artisti, pene con dietro il manoscritto che sta scrivendo o un disegnino sul pube fatto con la Bic o depilazioni particolari o faccia con smorfie strane per non prendere sul serio il vero soggetto della foto, più in basso. C’è il riciclatore seriale che invia la stessa foto scattata quando aveva 40 kg in meno a tutte. Si vede, se riciclate le foto ce ne accorgiamo. Da evitare le foto prese da Google se volete incontrare la persona a cui l’avete mandata, prima o poi. Il problema principale, però, sono i testi che li accompagnano. Mandi la foto del pene ed è ok ma il pene con una frase sgrammaticata sotto è molestia. Spazza via ogni pensiero erotico. Nessuno vuole sapere che sei a letto a toccare il tuo “coagulo”. E’ una seccatura quando qualcuno diventa troppo serio o fa l’aulico e inizia a usare parole come “pulsare”, “membro” o “fuoco interno”.

   

Fotografarsi i genitali è diventata un’operazione naturale, come fare la foto a un tramonto. C’è chi fotografa il proprio pene ovunque come se fosse il nano di Amelie – il mio pene in vacanza a Santorini, si sta rilassando, il mio pene a Parigi, in viaggio d’affari, con la Tour Eiffel sullo sfondo. Chi a compleanni e festività piace inviare dick pic ad amici e parenti. Prima o poi diventerà talmente normale che al posto della foto del proprio partner con un pesce appena pescato in ufficio potremmo mettere direttamente la foto del suo pene. Anche le donne empowered adesso mandano foto del proprio totem vagina. Nessuna biancheria che sessualizza il corpo, solo vagina. Ma non è un esame ginecologico, nessuno ha bisogno di vedere la tua cervice. I nuovi tramontisti sono accusati di avere una percezione sbagliata della sessualità femminile secondo la quale ad una femmina dovrebbe piacere una foto del pene come a loro piacerebbe ricevere una foto del culo. Le donne avrebbero bisogno di una storia, di parole dolci prima e dopo il sesso. Ma chi l’ha detto che si eccitano solo con cose soft? Con peni nascosti sotto ad un lenzuolo di lino e una candela Diptyque sul comodino?

      


   L’uomo del nuovo millennio, un po’ femminista un po’ no, indeciso, risponderà così: una foto del pene sì, ma che sia moscio


     

Un maschio non manda una foto del proprio pene non richiesta perché pensa che gli farà fare sesso o perché è certo di eccitare il destinatario. E’ evidente che non è così. La maggior parte delle volte sono snobbati, rimproverati, bloccati o segnalati al tribunale di Instagram. Nessuno ha fatto sesso grazie a una dick pic eppure continuano ad arrivare a pioggia, da tutti – avvocati, professori, creativi, politici, giornalisti, sportivi, attori, meccanici. Forse lo fanno per reazione. Sono confusi dalle richieste delle nuove femmine: devi essere maschio ma non troppo, va bene se mi apri la portiera ma non se paghi il conto, ok se cucini e lavi i piatti ma non farti le mani dall’estetista. Cosa vuoi da me? Ti mando il mio pene, fai di me ciò che vuoi. È più onesto di tutto il resto. Dei complimenti dozzinali, delle scuse per parlare di argomenti bizzarri solo per fare colpo. Questa assenza di contesto, di storia, è un’esibizione che si ribella, oltre ogni mistero e ogni significato, per lasciar vedere il semplice, inapparente, corpo umano. I maschi sono così confusi che mandano anche foto per niente virili. Sempre più spesso non arrivano solo peni degni di una processione falloforia, enormi ed eretti, ma anche a riposo, lombrichi. Questa è la nuova frontiera della dick pic. Nessuna mascolinità ostentata, nessuna promessa di notti intense. Un pene che guarda in basso, che un po’ ti snobba, ti critica, che non è convinto. L’uomo del nuovo millennio, un po’ femminista un po’ no, ancora indeciso, sicuramente disorientato, risponde così per mettere d’accordo tutti. Una foto del pene sì, ma che sia moscio.

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