Una lavastoviglie che parte, un frullatore, una ventola; quelli che in cortile parlottano e fumano, ma non riusciamo a vederli: arriva solo la loro nicotina che sa di chiacchiere in famiglia; il portinaio del palazzo davanti che si gode il sole con la mascherina in faccia e parla, parla, parla con chiunque passi; c’è una bicicletta elettrica che fa un fischio, sembra un’ambulanza, quando sfreccia tutti si affacciano per la paura che qualcuno si sia sentito male. I vicini di sopra sono barricati in casa. Capisco che i loro bambini non ce la fanno più quando iniziano a correre, passi pesanti, progressivi, una marcia sopra le nostre teste: vanno avanti fino a sera, anche oltre; spostano mobili, imitano l’incedere dei dinosauri che è quasi mezzanotte, ma nessuno ha il coraggio di dire niente - ci vorrebbe una carezza, ci vorrebbe una promessa: tornerete presto a giocare nei parchi e incontrarvi con altri bambini, ve lo giuro, io lo so. C’è un neonato nella via, non sappiamo dove abiti ma ogni tanto manda un urlo acuto da aquilotto che mi riporta ai primi mesi di mia figlia, quando tutto sapeva di futuro. Poi qualcuno da un appartamento che non vedo cede alla tensione, urla: le parolacce si sfilacciano, rotolano in strada e mi commuovono, ogni imprecazione vale come una preghiera; perché il mondo ormai è puro suono.
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